Reggio Emilia, 13 aprile 2021 – Dopo lo stop provvisorio ad AstraZeneca, il piano vaccinale rischia di trovare un altro ostacolo all'orizzonte. Le dosi Johnson & Johnson, il cui sbarco in Italia è previsto il 16 aprile, rischiano lo stop negli Stati Uniti, dove le autorità sanitarie hanno chiesto una “pausa” nella somministrazione. Il motivo sono sei casi di vaccinati i quali hanno sviluppato una malattia rara che coinvolge coaguli di sangue. "Il vaccino anti-Covid di J&J è basato sugli stessi principi di quello di AstraZeneca - spiega all'Adnkronos Salute, Andrea Cossarizza, docente di Patologia generale e Immunologia all'università degli Studi di Modena e Reggio Emilia - . E' verosimile che i rarissimi eventi avversi, che sono stati evidenziati per i due prodotti, siano riconducibili allo stesso meccanismo. Con una stessa ipotesi di origine autoimmune. I dati disponibili sembrano infatti indicare l'esistenza di una reazione autoimmunitaria".
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"Si tratta – chiarisce l'esperto - di eventi estremamente rari: negli Usa sono riportati sei casi, di cui uno mortale e uno grave, su poco meno di 7 milioni di vaccinazioni. E riguardano tutti donne, come abbiamo visto con AstraZeneca, tra i 18 e i 48 anni. L'ipotesi, dunque, è che alla base di questo fenomeno ci sia un meccanismo di immunopatogenesi che attiva una risposta immunitaria eccessiva contro qualche componente dell'organismo. Nelle donne in quella fascia di età, del resto, è più frequente l'incidenza di malattie autoimmuni". L'immunologo ricorda che su J&J, al momento, non ci sono analisi pubblicate mentre per AstraZeneca sono usciti due importanti lavori, il 9 aprile sul New England Journal of Medicine, "che mostrano la presenza di anticorpi anti PF4, molecole presenti nelle piastrine, simili a quelli visti in rari pazienti dopo il trattamento con eparina. Il meccanismo patogenetico di Astrazeneca, dunque, è stato in parte già identificato".Gli elementi comuni tra i casi, comunque, ci sono. "Sono tutte donne, in buona salute, della stessa fascia di età. E nelle donne, per motivi anche legati agli ormoni e al genere, c'è una predisposizione maggiore a sviluppare malattie autoimmuni", conclude l'immunologo che, considerando i numeri e la rarità dei casi, evidenzia come l'individuazione di questi rarissimi eventi avversi dimostri "che il sistema di farmacovigilanza sia efficiente, in Europa come negli Usa".