
Gianrico Carofiglio, ex magistrato e scrittore sarà stasera a Bologna
Lasciamo perdere le buone maniere, il garbo, la cortesia. Perché la gentilezza come l’intende Gianrico Carofiglio (e come lo scrittore ha raccontato in un libro datato 2020 intitolato appunto Della gentilezza e del coraggio) è una cosa più sostanziale e potente. È la capacità di affrontare il conflitto, inevitabile nella nostra società, senza renderlo distruttivo. "Si tratta una strategia di combattimento – chiarisce lui – attraverso la quale si cerca di trasformare l’aggressione in cooperazione. È una dimensione ideologica, una chiave strategica rivolta alla percezione dell’altro".
Dopo numerosi speech sull’argomento tenuti in questi anni in giro per l’Italia, Carofiglio, in attesa del nuovo romanzo previsto nel ‘26, ha deciso di strutturare questo materiale all’interno di un vero e proprio spettacolo e si è fatto affiancare dal sassofonista Piero Delle Monache pronto a offrire brani ‘di forte attinenza emotiva’. Il potere della gentilezza in jazz fa tappa stasera alle 21 al Duse. "La gentilezza – insiste l’ex magistrato che rivedremo a giugno su Raitre nella quarta edizione di Dilemmi – è il più potente strumento per disinnescare la semplificazione, è il contrario di mitezza e remissività e può essere praticata solo per effetto di una scelta. Cioé di un atto di coraggio".
Dunque, queste due parole, coraggio e gentilezza, sono fortemente connesse? "Non serve dare al primo termine l’accezione stupida di sprezzo del pericolo ma bisogna pensare a una dote dell’intelligenza e del cuore. Il coraggio non è il contrario della paura, è la capacità di trasformare quest’ultima in energia per cambiare le cose. È la dote che ci permette di rivedere il nostro modo di porci e di non contrapporre la rabbia all’aggressione".
A ottobre uscirà la riscrittura di un suo vecchio saggio, ‘Con parole precise’. Quanto è importante dire bene le cose? "È sostanziale, tutto parte da come si ascolta l’altro, dalla comprensione del suo punto di vista. In questo senso la gentilezza, se applicata all’idea di flessibilità, fa disperdere la forza del nostro contendente. Il primo insegnamento delle arti marziali è imparare a cadere. Tutti siamo destinati a cadere prima o poi ma l’importante è farlo bene".
Viviamo in un mondo di parole fraintese? "Bisogna intendersi sul significato perché ogni parola vuol dire più cose. Esiste, ad esempio, l’ignoranza arrogante di certi politici ma l’ignoranza consapevole è la premessa della conoscenza e consente lo stupore. Lo stesso ragionamento vale per l’errore che permette a chiunque di guardarsi attorno e crescere. Sbagliare non significa fallire. Mi piace rimodulare le parole che hanno cattiva reputazione mettendole in rapporto con la vita, l’esperienza e l’etica".
Fa citazioni illustri e esempi quotidiani: mischiare l’Alto e il Basso è una sua prerogativa? "Da sempre sposo l’idea della trasversalità, è una pratica, come cantava Jannacci, per cui ci vuole orecchio. In fondo è un po’ come il jazz. Godard diceva che non è importante da dove prendi le cose ma dove le porti".