CLAUDIO SALVI
Cultura e spettacoli

“Con Cremonini danzo la speranza”. Erika Rombaldoni in tour con Cesare

La ballerina di Cagli firma le coreografie dello show ed esegue un brano con lui: "Un momento magico"

Pesaro, 24 giugno 2025 – Periodo quanto mai ricco di impegni e progetti per la coreografa e ballerina cagliese Erika Rombaldoni. Dopo Il nome della Rosa alla Scala di Milano arrivano i palchi della musica pop. Un tour con Cesare Cremonini con la firma delle sue coreografie.

Come è nato questo incontro?

"Grazie allo studio Gio’ Forma di Milano, con cui ho già collaborato in contesti come la Scala di Milano e nel film ‘The Opera!’ presentato alla Festa del Cinema di Roma. La loro attenzione all’innovazione ha fatto da ponte ideale per propormi a Cesare: da subito c’è stata sintonia creativa e professionale: una fiducia reciproca e una sensibilità estetica comune sin dal primo incontro".

Come ha integrato le sue coreografie con la musica di un cantautore?

"L’intento è stato costruire un dialogo profondo tra musica e movimento: ogni coreografia nasce dall’immersione nel mood del singolo. Non si tratta semplicemente di accompagnare, ma di tradurre in movimento le emozioni, le atmosfere, e la narrazione del brano. Le coreografie si adattano al carattere di ogni canzone".

Non solo coreografa perché lei balla anche con Cremonini.

"Sì durante ‘La Ragazza del Futuro’. Il brano è un inno alla speranza e all’incontro, un’ode alla fiducia nel domani. E io interpreto quel momento di magia in cui due energie si avvicinano, si toccano, si abbracciano; un gesto simbolico di connessione, amore e protezione, proprio come suggerisce il testo del brano. La mia presenza in scena è quella di una figura simbolica, quasi sospesa tra passato e possibilità. C’è un momento in cui ci si sfiora, ci si avvicina in un abbraccio: è un incontro fragile, ma pieno di forza. I gesti diventano l’immagine di ciò che la canzone suggerisce: lasciarsi andare, accogliere l’altro, attraversare il tempo insieme".

Dal balletto in teatro ai concerti pop. Cosa cambia?

"Trovo più analogie che differenze: sono mondi diversi in superficie, ma entrambi funzionano come organismi vivi e complessi, dove ogni reparto deve respirare insieme agli altri. Ci si muove in equilibrio tra struttura e intuizione, tra rigore e ascolto. La sfida era creare coreografie giuste per far parlare ogni canzone con il corpo, in modo naturale e necessario. Senza aggiungere, ma sintonizzandosi. Come una seconda voce".

Nel pop come nell’opera lirica, non c’è pericolo che i movimenti di danza distolgano il pubblico dalla musica?

"No, anzi, quando la danza riesce a inserirsi con intenzione e misura, amplifica la musica, dialoga, crea emozione. Deve diventare parte integrante del linguaggio sonoro, mai autoreferenziale o accessoria. Vivo la mia danza come un’eco visiva della melodia e del testo, un veicolo di suggestioni che arricchisce il messaggio senza sovrastarlo".

Il suo prossimo impegno?

"In autunno sarò all’Opéra di Montecarlo per firmare la coreografia di un grande spettacolo in omaggio alla vita di Josephine Baker".