Guado, un colore che brilla di storia: "Così faccio rivivere la tinta antica"

Alessandra Ubaldi ha aperto a Urbino una bottega dove estrae il pigmento dalle piante di Isatis tinctoria

Guado, un colore che brilla di storia: "Così faccio rivivere la tinta antica"

Alessandra Ubaldi ha aperto a Urbino una bottega dove estrae il pigmento dalle piante di Isatis tinctoria

di Francesco Pierucci

Non è semplicemente blu. Ma è guado. Ovvero una sfumatura particolare e unica che nasce dalla natura e con antichi passaggi viene trasformata per portare una delicata e incisiva sfumatura celeste sui tessuti. Ma anche in alcune opere d’arte. Quella del guado, nome con il quale è conosciuta la pianta della Isatis tinctoria, è una tradizione millenaria già usata in Inghilterra che si è diffusa in tutta Europa trovando nel centro Italia, e soprattuto tra Urbino e l’alta valle del Metauro, la sua massima espansione. Testimone anche le macine che di tanto in tanto vengono riscoperte nel territorio e gli studi di Delio Bischi.

A Urbino, passeggiando per il centro storico, è possibile entrare in questo affasciante mondo in via Santa Chiara 5, a due passi dalla piazzetta degli Ubaldini. Un vero laboratorio e museo sulla storia del colore del tessuto dove Alessandra Ubaldi, laureata all’Accademia di Belle Arti, dopo decenni di studi ha dato vita al suo sogno fondando Guado Urbino. Tra mussole e stole in tessuti naturali, borse e copertine di agende tinte da lei in modo artigianale questa antica tecnica vive, con richieste internazionali. "Avevo questo sogno e alcuni anni fa l’ho realizzato aprendo una bottega in via Mazzini poi con il Covid la mia attività è cambiata: in questo laboratorio creo io stessa, passo passo, ogni oggetto in vendita".

Oltre mille anni fa la pianta del guado (che non è raro trovare nelle campagne del centro Italia) veniva utilizzata sui corpi per le sue proprietà antisettiche e cicatrizzanti, lasciando un velo ceruleo. Da lì probabilmente l’idea di usarla per le tinture dei tessuti, essendo l’unica pianta in grado di dare questa precisa sfumatura. Infatti prima la si raccoglie con una delicatezza certosina, in maniera circolare, poi l’essiccazione e da lì la frantumazione per ottenere il pigmento. Ma come è nato questo sogno? "Leggendo il Carlino – sorride Alessandra Ubaldi –. Quaranta anni fa lo storico Delio Bischi iniziò a censire le macine nel territorio facendo un grande lavoro, ne trovò almeno 60. Un numero altissimo e, come si vede da alcune antiche illustrazioni anche straniere, queste hanno una conformazione e scanalature particolari. E infatti nell’antico Ducato è dove ne è stato ritrovato il maggiore numero, dimostrando quanto secoli fa fosse un’attività economica di rilievo. Bischi fece una ricerca immensa e il Carlino nei primi anni ’90 pubblicò articoli e piccoli libri sul tema: ero giovane ma rimasi folgorata e decisi che un giorno avrei aperto la mia attività sul guado. Dopo anni di vita e lavoro in Svizzera sono tornata e nel 2016 ho riaperto quel cassetto".

Oggi Guado Urbino non è solo preziosi accessori di moda che vengono tinti con pigmento naturale macinato artigianalmente e in bagni di acqua calda ma un vero e proprio centro di ricerca sul colore, natura e storia (si veda il sito guadourbino.com) portando un contributo significativo al turismo.