PIERFRANCESCO PACODA
Cultura e spettacoli

Le ’patrie lettere’ di un editore rock. Il ’Codice Canalini’ che cambiò le regole

Giulio Milani, direttore di Transeuropa, racconta la sua straordinaria avventura editoriale, umana e artistica

Giulio Milani, direttore di Transeuropa, racconta la sua straordinaria avventura editoriale, umana e artistica

Giulio Milani, direttore di Transeuropa, racconta la sua straordinaria avventura editoriale, umana e artistica

Ha cambiato profondamente l’editoria letteraria italiana Massimo Canalini, scomparso nel 2024, che, con la sua casa editrice indipendente Transeuropa, vivendo e lavorando tra Bologna e le Marche, ha permesso ad autori giovani e sconosciuti, su tutti Pier Vittorio Tondelli, ma anche Enrico Brizzi, Pino Cacucci e Silva Ballestra di emergere e conquistare il grande pubblico dei lettori. Una avventura umana e artistica straordinaria, la sua, che Giulio Milani, attualmente direttore di Transeuropa, ha ricostruito nel libro ’Codice Canalini. Ingrate patrie lettere!’

Milani, difficile descrivere il lavoro di Canalini. Lei, nel libro, ha provato a raccontarlo come fosse un romanzo. "Era l’unica maniera possibile, perché la vita di Canalini sembra la trama di un romanzo perfetto. Un editore che, contro tutto e contro tutti, sceglie, da indipendente, di puntare sui giovani autori, sugli sconosciuti, sui ragazzi alla prima prova letteraria. E ci riesce, tra tante difficoltà, mettendo insieme un gruppo di scrittori che sono diventati riferimenti obbligati per la nostra letteratura contemporanea".

Una vita dati tratti bohémien. "Si, lui si divideva tra le Marche e Bologna, dove la casa nella quale abitava con la sua ragazza di allora, Piera Raimondi Cominesi era diventata il centro della creatività cittadina. Era la sede della casa editrice, ma, soprattutto, era un cenacolo affollatissimo non solo di scrittori, ma anche di cantautori. Claudio Lolli era ospite fisso e lì, in quella abitazione Canalini, insieme a Piera, leggeva i tanti manoscritti che arrivavano. Penso a quello di uno sconosciuto Pino Cacucci, che gli aveva fatto avere quello che poi sarebbe diventato il suo romanzo Outland Rock e l’inizio di una importante carriera".

Il rapporto con Pier Vittorio Tondelli, scomparso nel 1991, era strettissimo. "Certo, li univa l’interesse per le nuove generazioni, erano convinti che in Italia ci fossero molti talenti che non trovavano la strada per farsi conoscere, schiacciati dai salotti buoni e impenetrabili dell’editoria tradizionale, per la quale eri ancora un ‘giovane autore’ a 40 anni. Con le raccolte Under 25, curate proprio da Tondelli, rivoluzionarono insieme l’impostazione classica delle case editrici, considerando i ragazzi che pubblicavano alla stessa stregua degli autori già famosi".

Hanno avuto ragione. "Hanno definito la figura del giovane scrittore, che non esisteva. Oggi, quello dello ‘scrittore esordiente’ è diventato un genere, penso al percorso, per fare due nomi, di Roberto Saviano e di Silvia Avallone. Allora non c’era alcuna considerazione per i nuovi arrivati".

Erano gli anni che seguivano le rivolte giovanili del ’77... "Si trattava di una influenza relativa, gli under 25 di allora non erano così facilmente etichettabili politicamente, erano decisamente meno ideologizzati. Partivano dal loro privato, dal personale, pensiamo ai romanzi di Tondelli, e finirono per diventare, inconsapevolmente, una bussola per la generazione successiva".

C’è stato un momento nel quale Canalini percepì che anche il suo lavoro e quello di Tondelli erano a un punto di svolta? "Credo sia stato l’omicidio della docente del Dams Francesca Alinovi, avvenuto nel 1983. E’ lì che Tondelli avverte che la ‘festa’ che avrebbe dovuto caratterizzare tutti gli Anni ’80 è finita e lui inizia a prepararsi al distacco, così ben rappresentato dalla raccolta pubblicata nel 1986, ’Biglietti agli amici’".