AMALIA APICELLA
Cultura e spettacoli

"L’eredità di mio nonno? Polvere di stelle"

Nipote d’arte di un nonno immenso che non ha avuto la fortuna di conoscere. "In qualche modo posso comunque dire...

Brando De Sica, figlio di Christian

Brando De Sica, figlio di Christian

Nipote d’arte di un nonno immenso che non ha avuto la fortuna di conoscere. "In qualche modo posso comunque dire di averlo incontrato quando, da bambino, lo immaginavo sedersi accanto a me per raccontarmi, ogni sera, una favola diversa". Sarà Brando De Sica a mettere il sigillo alla mostra Tutti De Sica, dedicata a Vittorio a cinquant’anni dalla morte e allestita alla galleria del Modernissimo fino a domenica. Figlio di Christian, allievo di David Lynch, ha collaborato con Pupi Avati e Matteo Garrone. Stasera, alle 20,15, presenta nella sala di piazza Re Enzo il suo primo lungometraggio, Mimì. Il Principe delle Tenebre (protagonista Domenico Cuomo, star di Mare Fuori). "Un film – spiega il regista – sull’importanza dei sogni e la fuga dalla realtà. Una ballata di sognatori".

Brando De Sica, qual è il primo ricordo legato a suo nonno?

"Posso dire di averlo conosciuto iconograficamente. Non solo grazie ad alcuni dei suoi film come I bambini ci guardano o Miracolo a Milano, ma anche attraverso i suoi oggetti, i suoi vestiti, la polvere di stelle che ha lasciato dietro di sé".

Quando si è reso conto della sua grandezza?

"Quando sono andato in America per frequentare la University of Southern California e ho potuto confrontarmi con il pubblico estero. Il lavoro che ha fatto assieme a Roberto Rossellini e, ancora di più, assieme a Cesare Zavattini, ha rivoluzionato il cinema mondiale, non soltanto nella sua estetica: il neorealismo ha aperto le porte alle narrazioni più moderne".

Proprio a Los Angeles uno dei suoi maestri fu David Lynch, scomparso lo scorso 15 gennaio...

"È stato più di un maestro. Me lo presentò Isabella Rossellini e andai un paio di volte a trovarlo a casa... Non ho mai pianto per la scomparsa di qualcuno come per la sua".

Gli ha dedicato parole commoventi sui social: ’La persona che ha portato la luce nel buio della mia adoloscenza’. In che modo ci è riuscito?

"Mi insegnò la meditazione trascendentale. Mi ha salvato attraverso il suo cinema e il suo misticismo".

Ha mai sentito il peso del suo cognome?

"Lo vivo come una responsabilità e un onore. In Italia, soprattutto all’inizio di una carriera, è difficile farsi strada tra i pregiudizi ma, alla fine, sono i fatti che parlano. E se non faccio bene il mio mestiere, non mi fanno più lavorare".

Amalia Apicella