
Cécile McLorin Salvant, punta di diamante del nuovo canto jazz
Timbro da contralto, salti di registro sorprendenti, leggerezza e swing, tra Sarah Vaughan e Abbey Lincoln: luci su Cécile McLorin Salvant, artista imbevuta di vaudeville, blues e folk, l’étoile più attrattiva di Crossroads 2025, martedì alle 21 sul palco del teatro Ebe Stignani di Imola con Glenn Zaleski al pianoforte, Yasushi Nakamura al contrabbasso e Kyle Poole alla batteria. Sette album dal 2010, sei dei quali nominati per i Grammy Awards, l’artista franco-americana proporrà un repertorio di canzoni inascoltate, disperse nell’oblio, cucite su storie ardite, ma con un’estetica radicata nei suoni di cantanti classiche come Billie Holiday ed Ella Fitzgerald. Partendo da ’Mélusine’, settimo disco registrato in studio.
Cécile, il modo migliore per sfogliare il suo album più recente?
"Suonarlo: le canzoni sono ispirate alla leggenda popolare europea Mélusine, la donna che si trasforma per metà in un serpente per un sortilegio lanciatole dalla madre. Faremo del nostro meglio per riportarla nel momento presente".
Musica che procede a ondate di affezione, come le connessioni tra i giovani e il jazz?
"La new generation è stata sempre attratta dalla musica pop del suo tempo, ma il jazz non è il pop di quest’epoca. I giovani stanno scoprendo generi più di nicchia online. O riscoprendo Sun Ra. Tutto è cambiato, eppure così tanto è rimasto uguale". I generi musicali servono all’industria solo per vendere dischi.
"Ci sono tradizioni, storie orali da preservare, che sarebbero perdite devastanti, ma parlare di generi alimenta le discussioni musicologiche. Preferirei pensare alla discendenza di alcuni artisti specifici. RuPaul, Werner Herzog, Bette Davis, Mercedes Sosa, Anne Teresa de Keersmaeker, Louise Bourgeois sono le persone a cui sto pensando oggi. Non scendo a compromessi, però, con chi parla di contaminazioni come se si trattasse di miscele inquinanti".
La definizione più centrata?
"Mi sento il frutto di un’impollinazione incrociata".
Lei canta in inglese e in francese, ma tra amici anche in italiano…
"Esperimenti en privé. Ne sono ossessionata. Ho stampato i libretti di Puccini, cercato l’etimologia di alcune parole italiane. Amo il cinema italiano, il cibo, la moda, la storia: tutto sublime. A Bologna ci sono stata nel 2018 e qualche mese fa per il Bologna Jazz Festival: è incredibile, ti entra dentro".
Nomination ai Grammy plurime, ’Thelonious Monk’, Jessye Norman e Stephen Holden che la definiscono "divinità canterina": com’è riflettersi in una bacheca di allori?
"Sono lauree ad honorem che hanno saldato le connessioni con la musica e il teatro. Ci penseranno gli altri a stabilire quanto le abbia meritate".