REDAZIONE CULTURA E SPETTACOLI

Ronchi, se fare politica diventa poesia

"Ogni punto su una curva autobiografica è interessante". Basterebbe questa citazione di Allen Ginsberg per racchiudere, e in parte raccontare,...

"Ogni punto su una curva autobiografica è interessante". Basterebbe questa citazione di Allen Ginsberg per racchiudere, e in parte raccontare,...

"Ogni punto su una curva autobiografica è interessante". Basterebbe questa citazione di Allen Ginsberg per racchiudere, e in parte raccontare,...

"Ogni punto su una curva autobiografica è interessante". Basterebbe questa citazione di Allen Ginsberg per racchiudere, e in parte raccontare, Quasi un’autobiografia, terzo libro di poesie di Alberto Ronchi, in libreria da qualche settimana. Che poi, per essere precisi, bisognerebbe scrivere in due librerie, ossia le uniche che hanno in vendita le copie di questo piccolo libricino di 42 pagine: Modo Infoshop di via Mascarella 24b a Bologna e il Libraccio di piazza Trento e Trieste a Ferrara.

Ronchi, ex assessore comunale alla Cultura nella prima giunta Merola dal 2011 al 2015, nonché assessore regionale con la stessa delega dal 2005 al 2010, ha ormai abbandonato da tempo la politica istituzionale (oggi insegna nelle scuole della provincia ferrarese), ma non la voglia di indagare cosa sia stata – e forse sia ancora – la politica stessa. Soprattutto per la sua generazione, di cui "alla fine non si parla mai tanto – ragiona – e che ha la caratteristica di essere un po’ una generazione di mezzo: non ha fatto il ‘68 ed è stata influenzata dal ‘77, che però ha visto e vissuto solo di riflesso perché all’epoca tutti quanti avevamo 14-15 anni". È questo il filo rosso che attraversa la raccolta, che si apre con una poesia-manifesto che tiene insieme Conrad e Lou Reed, Céline e Nick Drake, e che si chiude con il racconto di un lutto profondo. Un filo che si intreccia con l’altro tema-cardine della raccolta, ossia la musica. Ronchi non si limita a citare gli artisti che hanno scandito la sua esitenza e quella della sua generazione, ma inserisce nelle poesie veri e propri versi dei brani, usando una tecnica "che viene soprattutto da una consuetudine in uso negli Stati Uniti tra gli Anni ’80 e ’90. Per chi le vuole trovare ci sono citazioni di Dylan, dei Sonic Youth e tutti quegli artisti che amo molto".

In uno stile poetico "molto diretto, influenzato sia da Bukowski sia dagli autori della Beat Generation, con tutto il rispetto per questi mostri sacri", Ronchi ripercorre gli anni della gioventù e quelli dell’impegno politico. E tra i "sessantottini/sempre un po’ tristi/ sempre un po’ ottusi" e la gioia per essere stati liberati dalle incombenze politiche del movimento da "un’assemblea di sole donne" reclamata dalle femministe, riflette sull’esistenza e di cosa sia, e sia stata, la politica di quel periodo, "vissuta in un modo molto più leggero di quello che si pensa". Nel libro emerge la voglia di "fare politica per divertimento e insieme, qualcosa che si è un po’ perso – ragiona l’ex assessore –. Oggi si assiste invece a uno strano paradosso: ci si prende troppo sul serio, ma c’è più leggerezza di prima, anche se di tipo diverso rispetto a quella degli anni Settanta. Nel senso che con i social si può dire e promettere di tutto. Per poi non fare niente o il contrario di quello che si è detto... "

Andrea Zanchi