Gregorio Paltrinieri, se il campione diventa eroe

di VALERIO BARONCINI - Ci sono gli sportivi, ci sono i campioni e poi ci sono gli eroi. Gregorio (Greg-oro) Paltrinieri ricade nella terza categoria. Perché come nei poemi epici diventa un simbolo, un esempio per la comunità. Vince, cade, si rialza e torna a vincere. Lo dimostra il suo romanzo olimpico, dal quinto posto precoce di Londra 2012 all’oro di Rio de Janiero fino alle due medaglie di Tokyo. Insperate, grandissime. Lo dimostra questo Europeo romano dov’è l’uomo da copertina e dove, in acque libere, potrà trasformare il mito in leggenda. Con il concetto di kalos kai agathos (“bello e buono”) nella Grecia classica si designava l’ideale maschile assoluto, dove l’aspetto estetico era legato all’eroismo e anche a tante attività sportive. Per questo l’atleta vittorioso, nella società greca, godeva di quest’aura epica. Le sue vittorie davano lustro alla comunità di appartenenza, che più o meno implicitamente lo eleggeva come suo “campione”. Era, in sintesi, un elemento rappresentativo. E oggi, millenni dopo, la connessione sentimentale e totale tra una comunità e il suo campione, l’atleta,  è rimasta invariata. E’ un meccanismo psicologico di identificazione, proprio come con Gregorio. Paltrinieri siamo noi e, per una volta, ci coccoliamo la nostra parte migliore in un’estate davvero instabile.