La fiera che vorrei

di MATTEO NACCARI - "Fondiamo le nostre fiere". Era il novembre del 2001 quando Lorenzo Cagnoni, presidente dell’expo di Rimini, mandò una lettera con questa proposta a Luca Cordero di Montezemolo, che allora guidava il quartiere di Bologna. Sono passati vent’anni. E da allora non si è fatto un passo avanti. Ciclicamente, come sta avvenendo ora, si torna a parlare di nozze tra Rimini e Bologna. E sempre negli stessi termini: sinergie tra manifestazioni e regia in mano alla Regione. Cagnoni, intervistato dal Carlino, ha spiegato che il progetto prosegue, ma che ci vuole calma. Ogni tanto la Regione comunica che ci sono stati incontri importanti e che la svolta è vicina. Si può anche credere che finalmente sia la volta buona, ma forse è logico dire definitivamente che probabilmente non c'è mai stata la volontà di chiudere l'operazione. O almeno di archiviarla come si dovrebbe: creare una sola società di gestione di tutte le fiere dell'Emilia Romagna. In passato, il modello regionale era chiaro: una fiera, un aeroporto, un mercato ortofrutticolo per ogni città. Piccoli feudi. Disegno fallito miseramente perché economicamente insostenibile. E ora è la crisi che impone l'alleanza. Non una strategia. In questi 20 anni le due fiere si sono avvicinate e allontanate, Rimini si è unita a Vicenza, Bologna ha pensato ai propri affari. Adesso le chiusure di tanti eventi hanno picchiato duro sulle due realtà, che da sole avrebbero problemi ad andare avanti. E la soluzione è unirsi anche controvoglia. Probabilmente vivendo sotto lo stesso tetto, ma da separate in casa. Col rischio, fra vent'anni, di ricordare come anche nel 2021 si provò a mettere in porto una fusione che ancora resta in alto mare.