Terremoto e sicurezza sul lavoro 10 anni dopo le scosse in Emilia

di VALERIO BARONCINI - Si avvicina l'anniversario del terremoto dell'Emilia-Romagna. Dieci anni fa le due scosse del 20 e 29 maggio costarono la vita a 28 persone, con centinaia di feriti ma soprattutto 14 miliardi di euro di danni, il peggior bilancio dall'Irpinia 1980.

Ripensare al terremoto oggi significa soprattutto pagare un tributo a chi perse la vita (principalmente nel crollo delle attività industriali) durante il lavoro. E significa interrogarsi sulle regole, le procedure, i piani di evacuazione, le norme che sono state introdotte. L'Emilia-Romagna ha fatto passi da gigante su questo fronte: le scosse ci colsero largamente impreparati, non tanto sotto il profilo delle costruzioni (anche se ci fu pure questo s'intende), quanto per il piano dell'organizzazione e della gestione dell'emergenza, che ora sono sempre più importanti per imprenditori e lavoratori. I processi (alcuni ancora in corso) hanno dimostrato che non eravamo pronti e preparati a gestire il terremoto. 

La difficoltà, dunque, sta nel consentire lo sviluppo economico in armonia con  le garanzie e le tutele che si devono a tutti i lavoratori. Nel caso di Gerardo Cesaro, morto alla Tecopress di Dosso (Ferrara), si è giunti a una sentenza definitiva che condanna il legale rappresentante dell’azienda e del responsabile della sicurezza dei lavoratori per la violazione di norme di sicurezza per la tutela dell’integrità psico-fisica dei lavoratori e per la mancata predisposizione di un piano di fuga e di formazione ed informazione dei lavoratori in merito al comportamento idoneo da adottare in caso di terremoto. 

Un primo passo avanti che porterà altre aziende a comportamenti diversi.