"Gas, rischio razionamento se l’inverno sarà rigido"

Tabarelli, Nomisma, al convegno Confindustria: "Porterebbe l’Italia a consumare 400 milioni di metri cubi di gas al giorno"

Ravenna, 19 novembre 2022 - Se avremo un inverno particolarmente freddo dovremo ricorrere al razionamento del gas. Per Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, questa è più di una ipotesi. "Il sistema gas è fatto per coprire punte invernali. Ma una ondata di gelo portata da Burian, porterebbe l’Italia a consumare 400 milioni di metri cubi di gas al giorno per fronteggiare la richiesta di maggior riscaldamento. Non reggeremmo che pochi giorni". Tabarelli ha parlato ieri mattina al convegno promosso da Confindustria Ceramica, dal titolo eloquente: ‘Il gas nazionale risorsa necessaria per indipendenza e transizione energetica. Il caso della ceramica".

Gas, lo spettro del razionamento
Gas, lo spettro del razionamento

Un parterre di primo piano con le istituzioni regionali e locali, Eni, Snam, il sindacato, Confindustria Energia. Questo settore, che si sviluppa tra Modena e Faenza, ha bisogno di gas a un costo prestabilito e l’ideale sarebbe poterlo avere dall’Adriatico. Un conto sono però le attese, altra cosa i dati di fatto. A fine 2022, l’Italia avrà prodotto 2,5 miliardi di metri cubi di gas, addirittura in calo rispetto ai 3,1 miliardi dello scorso anno, a fronte di un consumo di oltre 70 miliardi annui, tutti importati o quasi. E questo, nonostante l’invasione russa dell’Ucraina, e poi la conseguente crisi energetica, risalga a febbraio.

Da una parte c’è Mosca che taglia l’invio di gas all’Italia per 25 miliardi di metri cubi (per ora), dall’altra i provvedimenti del Governo Draghi di collocare due rigassificatori (Ravenna, in funzione tra due anni, e Piombino, per ora alle prese con i ricorsi al Tar) e il famoso decreto che prevedeva l’aumento di almeno 2 miliardi iniziali estratti di gas naturale (quelli che rivendica ora Confindustria Ceramica).

Quel provvedimento è rimasto nel cassetto fino a qualche settimana fa, quando il nuovo governo Meloni lo ha riproposto, inserendo la possibilità di avviare anche nuove piattaforme da 9 miglia dalla costa in poi (con la revisione del Pitesai) e lontano da Venezia.

Tabarelli ha messo in guardia dai facili ottimismi. Che si tratti di rigassificatori o di vecchie o nuove piattaforme, non produrranno gas certamente per l’inverno alle porte, ma probabilmente nemmeno per il prossimo. Anche perché – dicono gli operatori del settore energetico – il nuovo ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica non ha ereditato da quello che si chiamava Mise, nemmeno un ingegnere minerario perché la struttura è stata smantellata dai precedenti governi.

Tra l’altro gli industriali, come ha spiegato il responsabile di Confindustria Energia, Aurelio Regina, hanno già fatto uno studio assieme alle grandi aziende associate, dove sono ipotizzati tempi e modi per rallentare l’attività in caso di recrudescenza della crisi energetica. La volontà di riprendere a produrre gas nazionale ("In sicurezza e con studi scientifici alla mano") è stata ribadita anche ieri dal sindaco de Pascale, favorevole a nuove piattaforme, tema sul quale l’assessore regionale Colla è molto cauto. Mentre il presidente dell’Adsp, Daniele Rossi, proveniente peraltro dal settore estrattivo, ha spiegato che "servono risposte chiare, o sì o no, la peggiore scelta è il ni, capace solo di bloccare gli investimenti". "Di certo – ha commentato Lapo Pistelli, direttore Public Affairs di Eni – ogni decisione andrà presa in accordo con i territori".