GIANMARCO MARCHINI
Editoriale
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Bologna, è una questione di coraggio

“It’s all about”, direbbero gli inglesi. E’ tutta una questione di coraggio. Il coraggio di Vincenzo Italiano di sedersi sul trono che fu di Thiago: un trono di spade, con il rischio molto, molto alto di tagliarsi. Il coraggio di andare a sfidare le grandi nobili d’Europa. Il coraggio di crederci, in generale, per un Bologna che, domani, al pronti-via della stagione, si troverà davanti l’Udinese e addosso tante (troppe?) aspettative dopo un ultimo campionato storico chiuso a 69 punti, al quinto posto e con i piedi in Champions League. Erano sessant’anni che non succedeva da queste parti. Qualcosa di indimenticabile, che, però, fa pericolosamente rima con irripetibile. Perché ripetere quanto fatto la scorsa stagione è un pensiero che rasenta l’utopia, ragionando con una logica prettamente sportiva. Maneggiare con prudenza, allora.

La rivoluzione tecnica è stata di quelle importanti, per non dire enorme. Motta se n’è andato alla Juventus, portandosi via una proposta di calcio che i rossoblù hanno, sì, interiorizzato, ma che senza Calafiori e Zirkzee diventa assai più complicato provare a riproporre. Aggiungeteci un Ferguson ancora ai box, un Saelemaekers andato al Diavolo e capirete come di quel Bologna che è tornato a far tremare il mondo, ci sia rimasto poco. Ma Italiano saggiamente ha deciso di proseguire sul solco tracciato dal suo scomodo predecessore, un po’ per non disperdere tutto il capitale di certezze e idee accumulato, un po’ perché, in fondo, sono tante le affinità con il suo modo di concepire il pallone.

La sua carriera è un elenco di grandi scalate riuscite, anche sotto le condizioni più avverse. Portò il Trapani per la prima volta in B, lo Spezia per la prima volta in A e con la Fiorentina ha raggiunto tre finali in tre anni, una di Coppa Italia e due di Conference League. A Bologna ora lo aspetta un’arrampicata tra le aspettative di una piazza che dovrà essere brava a capire la rivoluzione e accompagnarla, senza paragoni e frenesie. Anche se di tempo ce n’è poco visto che a metà settembre suonerà già l’inno della Champions. L’Udinese dirà a che punto è la crescita del nuovo Bologna, un mix tra l’esperienza dei Freuler e degli Orsolini e la giovane irriverenza dei Castro, dei Dallinga e dei Miranda.

A volte, il buongiorno si può vedere pure alle 18.30.