ALESSANDRO CAPORALETTI
Editoriale
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Un commissario per l’alta velocità

La nomina di un commissario per l’alta velocità sulla linea Adriatica è senz’altro una buona notizia, pur con tutte le incognite del caso. Considerazione preliminare: l’Italia è il Paese (straordinario) in cui serve un commissario anche per fare cose normali, o quasi, come “la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione degli interventi di velocizzazione e potenziamento” (così nella nota del Mit) di una linea che l’Ue da anni ci chiede di adattare agli standard delle direttrici strategiche della rete transeuropea dei trasporti (linee Core Ten-T). Ecco, altrove forse non si scomporrebbero più di tanto, da noi l’impresa è titanica, a maggior ragione – dicevamo – in un Paese nel quale ci vogliono anni e quintali di scartoffie anche solo per spostare una panchina, specie se si considera che dalla linea adriatica dovranno correre treni passeggeri fino ai 300 chilometri all’ora e transitare convogli merci al ritmo di 176 al giorno, uno ogni otto minuti, direzione i porti di Taranto e Gioia Tauro, e viceversa. Sono più di ottocento chilometri di binari dall’Emilia-Romagna fino alla Puglia, tra Ancona e Lecce si viaggia su una linea progettata e posata con i vagiti dello Stato unitario (1862), quando i treni andavano ancora a vapore, e solo nell’agosto del 2023 sono stati sbloccati i lavori per il raddoppio del mitologico imbuto Termoli-Lesina, a cavallo tra Molise e Puglia, dove il tempo s'era addirittura fermato al binario unico. 

Ecco, la burocrazia sarà un ostacolo niente male, ma non è un mondo ignoto per Aldo Isi – ad di Rfi e futuro commissario –, come non lo sono le dispute infinite sui progetti con enti locali, organi periferici dello Stato, pareri e contropareri, ricorsi e controricorsi. Il commissariamento servirà anche a snellire pratiche, evitare ingorghi e far viaggiare l’opera su una corsia preferenziale. L’altro nodo è quello dei fondi, e qui il governo dovrà fare la sua parte. A stare stretti serviranno svariate decine di miliardi di euro (per tempistiche non inferiori a vent’anni) e trovarli non sarà facile. Ma da qualche parte bisognerà pur cominciare, e in fretta. Ne va del futuro del Paese.