Coronavirus, è troppo presto per pensare di poter ripartire

Abbiamo una notizia buona e una brutta. Quella buona è che la strategia di contenimento del virus, cioè il famoso lockdown, comincia a dare qualche risultato incoraggiante. La notizia brutta, preoccupante, è la frenesia di riaprire tutto (o almeno molto) con troppo anticipo, già dopo Pasqua. Le Confindustrie del Nord hanno infatti lanciato al governo un appello per una veloce ripresa. E non hanno torto quando elencano i loro motivi di preoccupazione; ma non sono lungimiranti. Non riflettono su quanto è accaduto nella Bergamasca e nel Bresciano, dove l’epidemia è esplosa anche perché non si sono volute chiudere le attività produttive?

Riaprire in fretta sarebbe un disastro per la salute dei cittadini, ovviamente: ma, se qualcuno avesse più a cuore l’economia, è bene che sappia che sarebbe un disastro anche per l’economia. Molto meglio prolungare il lockdown di una o due settimane che ritrovarsi, alla fine dello stesso periodo, in una situazione disastrosa da cui sarebbe molto ma molto più difficile risollevarsi. Cerchiamo di capire perché è meglio aspettare.

Punto primo, i contagi. Sono ancora moltissimi, nonostante il calo della crescita (attenzione, perché di questo stiamo parlando: di calo della crescita, non di un calo assoluto). Almeno centomila italiani sono positivi, ufficialmente. Nella realtà, chissà quanti di più.

Punto secondo: gli ospedali sono ancora intasati. Il calo dei ricoveri e dei pazienti in terapia intensiva è molto lieve. I nostri ospedali non sarebbero in grado di reggere una seconda ondata.

Punto terzo, fondamentale: prima di riaprire, è indispensabile che sia pronto il piano di difesa: cioè la mappatura dei contagiati, la possibilità di fare più tamponi, l’arrivo di test anti-corpali sicuri. Insomma lasciamo che le truppe si piazzino nelle trincee, prima che ritorni il nemico. Punto quarto: gli imprenditori garantiscono sicurezza nell’ambiente di lavoro. Ma quanta gente in più avremmo in giro su treni, autobus, metropolitane?

Abbiamo tutti coscienza del momento difficile della nostra economia. Ma bisogna agire, oltre che con coscienza, anche con scienza: la quale ci dice che riaprire dopo Pasqua significherebbe vanificare tutto quanto si è fatto in questo mese. Le attività produttive sono ferme solo da due settimane. Una riapertura adesso, o fra pochi giorni, comporterebbe, anche per le stesse imprese, un danno infinitamente superiore ai benefici. Che la politica sia saggia e prudente, e ascolti gli scienziati.