In campagna elettorale avevamo parlato di continuità discontinua, dopo alcuni mesi di governo della Regione Emilia-Romagna possiamo parlare di discontinuità continua. Questione di spigoli, questione di punti di vista: ma le decisioni di Michele de Pascale, dopo i due mandati di Stefano Bonaccini, non sono di certo una sorpresa. Il ritiro dell’autonomia differenziata era stato annunciato: fatto. La revisione dei Cau era stata il primo fronte aperto in estate: fatto. Il passo indietro sui punti nascita, aperti solo se sicuri: fatto. La scelta di aumentare i fondi alla sanità, pur se con mancati incrementi statali: fatto. Tutto fatto, mettendoci la faccia: a Michele de Pascale non mancano di certo il coraggio né l’onestà intellettuale e, a partire dall’aumento delle tasse, sa che i cittadini lo giudicheranno con attenzione e sa anche che la sua decisione può sorprendere chi non lo conosce. Il percorso è chiaro, l’esito non è scontato. Un noto osservatore disse che “de Pascale sa tenere insieme la sabbia”, dunque lo strappetto della Cisl va considerato in una chiave di assestamento politico, più che di sperequazione dialogica.
Il tema non è il confronto con Bonaccini, che era altrettanto presente sui territori, è l’accettazione di un modello dove, finora, nessuna scelta o azione è stata devoluta. Discussa, ragionata, delegata, ma non devoluta. De Pascale non a caso è stato a Ravenna anticipatore di equilibri politici (pensiamo al rapporto con l’M5S) e ambientali-industriali (il rigassificatore) e, appena eletto, ha gestito il colloquio col Governo (da lui) più distante di sempre. Siamo abituati a ragionare – in questo periodo bipolare e di bias cognitivi – in termini di buono o cattivo, spesso senza aver chiaro a quale scala si faccia riferimento. Proviamo a calibrare il confronto sui risultati. Saranno il giudice più vero. Lo stesso accadrà, a brevissimo, nelle Marche.