Massimo Pandolfi
Editoriale
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Dopo di noi

Il dopo di noi. Un problema drammatico per chi ha un famigliare, magari più giovane, da accudire. La vita ci insegna che dovrebbe essere un figlio a seppellire un genitore; ma non è sempre così e quando la prassi si capovolge si finisce in un limbo infernale. A Modena, l'altro giorno, un uomo di 83 anni, un brav'uomo, ha ucciso la moglie, che soffriva di Alzheimer, e il figlio autistico, poi si è tolto la vita. Li accudiva entrambi, quotidianamente, ogni santo giorno.

Non li ha uccisi perché non ce la faceva più. Lo ha fatto pare per un altro motivo: aveva scoperto da poco di essere a sua volta malato e il suo equilibrio è andato in corto circuito. 'Non potrò più badarli, che ne sarà di loro?' si è chiesto disperato. E li ha uccisi, pare piangendo. 'È stato un atto di amore, non di morte' ripetono amici e parenti.

Noi non sappiamo cosa sia questa roba qui.

Sappiamo solo che la cultura dominante porta, troppo spesso, a concentrarci tutti sul cosiddetto fine vita (parolaccia) e non sul dare vita.

Dare vita a chi sta male, a chi non ce la fa più. A chi è malato. A chi deve star dietro ai malati.

A quel brav'uomo di Modena, a sua moglie e a suo figlio.

Cosa c'è dopo di noi?

Non può fare tutto uno Stato. Ma non può neanche fare tutto una persona. Da sola.