A quasi due anni dalle alluvioni che hanno cambiato per sempre la storia del Paese e dei nostri paesi, cosa resta di tanto dolore? Di tanta distruzione? Ci siamo soffermati molte volte sugli aspetti amministrativi, economici e burocratici con le loro curve a gomito. Mai a sufficienza su quelli psicologici. Fra le tante persone incontrate in questi mesi sulle strade e nelle frane, fra i morti e fra chi ha perso tutto, c’è un giovane uomo che in “un battito di ciglia”, lui dice così, ha perso “la persona a cui tieni di più, tuo fratello”, persona “che io considero ancora qui dentro, dentro i discorsi che porto, dentro quello che faccio. Simone era una sorta di figlio per me”. A parlare è Andrea Farinelli, il fratello di Simone Farinelli, travolto dalla piena di ottobre 2024 a Pianoro, nel Bolognese, non lontano da casa. Andrea era con lui, la strada sotto casa è stata fatale. Andrea si è salvato aprendo il finestrino dell’auto e buttandosi fra i vortici d’acqua, Simone non ce l’ha fatta. E Andrea ha deciso di ribaltare la narrazione. Ha scelto di non chiudersi e di usare il dolore, quel dolore che non si può superare, ma si può trasformare. Lo ha fatto con i ragazzi delle scuole, per esempio all’Isart di Bologna. Applausi e commozione. Lo farà ancora, per tenere alta l’attenzione sul cambiamento climatico che sta stravolgendo i perimetri della nostra civiltà, per non dimenticare Simone. “Condividere il dolore è fondamentale – dice Andrea ai ragazzi –. Attivismo, battaglie, valori: condividere in pubblico la sofferenza, entrare in contatto con altre realtà, questa cosa fa bene. Condividendo ci si fa forza, una sorta di terapia di gruppo”: dice così Andrea Farinelli e vogliamo riportarvi le sue parole perché diventino le nostre parole, le vostre parole. Ancora di più oggi, quando le strade su cui molti amici e conoscenti guidano e camminano non sono rimarginate. Ancora oggi, quando le strade dentro di noi potranno essere ridisegnate, ma le ferite non dimenticate.
EditorialeLa forza di raccontare il dolore