ALESSANDRO CAPORALETTI
Editoriale
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La giustizia digitale può attendere

Si stava meglio quando si stava peggio. O quasi. Avete presente l’app per il processo telematico che avrebbe dovuto velocizzare i processi e accompagnare il pachiderma della giustizia verso magnifiche sorti e progressive? Ecco, nelle Marche se va bene, funziona male, o peggio, non funziona per niente. Al punto che tre Procure marchigiane, Ascoli, Fermo e Pesaro – che già la usavano solo per le archiviazioni  –, ne hanno dovuto sospendere l’applicazione a causa di “criticità e numerosi malfunzionamenti”, tornando al vecchio deposito e alla trasmissione analogica, in sostanza cartacea. Carta e calamaio, la preistoria che ritorna nell’epoca degli atti digitali che dovrebbero viaggiare alla velocità di un click. Sul ponte sventola bandiera bianca. “L’innovazione dovrebbe semplificare e velocizzare i procedimenti, e invece quando va bene li rallenta – ha ammesso anche il procuratore generale per la Corte d’Appello di Ancona, Roberto Rossi –. Dipende molto anche dalla capacità informatica degli operatori, ma è un sistema complesso, ci sono decine di stringhe da riempire, spesso non combaciano e non contemplano alcune fattispecie”. Certo, “sarebbe veramente una svolta, se funzionasse, ma non riusciamo a decollare: quello che funziona, funziona lentamente. Per richieste di archiviazione per cui servirebbero pochi minuti, ci vogliono ore”. E allora indietro tutta, si torna alla vecchia carta, che è un po’ come l’usato sicuro. Con buona pace della rivoluzione digitale.