Alfredo Morgese, 52 anni, è uscito per lavorare, come tutti i giorni, e non è tornato più. È morto all’aeroporto di Bologna, in un cantiere, schiacciato da un camion in retromarcia. L’ennesimo decesso sul luogo di lavoro è intollerabile. Lo ripetiamo tutte le volte che un evento del genere si verifica: “Mai più”.
I sindacati scioperano, le aziende si battono il petto, le istituzioni studiano tavoli per la sicurezza certo utili ma non risolutivi. Guardando i dati, i passi avanti ci sono, ma evidentemente non bastano, visto che di lavoro, anche qui da noi, si continua a morire.
Ricette facili non ce ne sono. Proviamo ad andare oltre l’ultimo, tragico, caso, e oltre a quell’errore umano a cui troppo spesso ci si appella.
I settori dove si concentra il maggior numero di infortuni gravi sono tre: la logistica, l’agricoltura e l’edilizia. Comparti caratterizzati da una forte frammentazione, da microimprese che spesso lavorano in subappalto. Le dimensioni, quando si tratta di sistemi di sicurezza e di formazione dei lavoratori contano, perché ci vogliono spalle larghe per effettuare investimenti e lavorare - con un aggiornamento costante dei propri dipendenti - sulla prevenzione. Poi c’è un tema di controlli che vanno intensificati, non sono mai abbastanza.
Progetti come quello della Logistica etica all’Interporto possono aiutare, così come interessante è il dibattito scaturito dalle possibilità che oggi la tecnologia offre. Dotare i lavoratori e i macchinari di sensori che possano dialogare fra loro, bloccando il movimento di una fresa o di un muletto in caso di eccessiva vicinanza all’operaio apre un ventaglio di possibilità interessanti. Lo spiega anche il professore di Ingegneria, Rocco Vertechy, oggi sul nostro giornale. I costi di questi sistemi sono vari, in alcuni casi (le tute sensoriali che ’monitorano’ lo stato di ogni lavoratore) anche alti, ma sono destinati a calare se la loro adozione si diffondesse. Manca anche qualche tassello normativo (in particolare legato alla privacy del lavoratore che viene ’taggato’), ma è certo superabile.
Serve un’unione di intenti tra imprese, istituzioni, sindacati e lavoratori per creare una cultura della sicurezza diversa: azzerare gli infortuni è forse utopia, ma non sono accettabili falle e buchi neri nel sistema.
Tutti hanno il diritto di tornare a casa, la sera, dalla propria famiglia, dopo una giornata di lavoro.