Mancano poco meno di due anni alle elezioni Comunali per il rinnovo di sindaco e Consiglio, ma il dibattito politico sotto le Due Torri è già iniziato. Ad aprire ufficialmente le danze sono stati i civici-centristi che – sotto la regia del variegato mondo che va da Rete Civica ai consiglieri comunali di Al Centro Bologna, passando per alcuni sindaci della provincia – hanno lanciato il guanto di sfida all’amministrazione in carica. Per una volta, non attaccandola sul facile terreno dei cantieri del tram, quanto sulla visione troppo 'Bolognacentrica’ del sindaco Lepore che diventa, a dire dei civici-centristi, anche un’azione di governo che tende a dimenticare le istanze del territorio fuori dal capoluogo. Che sia la chiave di volta della prossima campagna elettorale? Difficile, visto che alla fine alle urne ci andranno solo i residenti di Bologna città, ma intanto la sortita di sabato segnala due cose da non sottovalutare, una politica e una più ‘istituzionale’. La prima è che il mondo di centro (e di centrodestra) non vuole arrivare alla scelta del candidato all’ultimo minuto, come accadde per svariati motivi nel 2021, consapevole che uno scenario del genere probabilmente consegnerebbe alla maggioranza di centrosinistra una vittoria senza troppi patemi. La seconda è che è ormai necessario un ragionamento serio sulla legge che ha abolito le vecchie province e istituito le città metropolitane, nonché sull’elezione dei suoi rappresentanti. Anche nel centrosinistra, e non da ieri, il dibattito è aperto, e non sono pochi coloro che vorrebbero un ritorno a un presidente di provincia (o sindaco metropolitano) direttamente eletto da tutto il territorio. Che un cambio del genere possa accadere prima del 2027 è improbabile, ma il fattore provincia potrebbe avere alla fine un peso più importante di quello che si pensi. Anche per Palazzo d’Accursio.
EditorialeIl fattore provincia