MATTEO NACCARI
Editoriale
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Il lavoro che c’è e non c’è

Premessa: in Italia il lavoro manca. E' scarso e spesso mal pagato. Ma viviamo un paradosso. Tante aziende non trovano addetti. Uno degli ultimi studi resi pubblici - realizzato dalla Cgia - mette in luce che servono circa un milione di lavoratori specializzati, nonostante nel Paese ci siano quasi due milioni di disoccupati. Secondo la ricerca, se sei anni fa solo il 21,5% degli imprenditori faticava a trovare personale, nell'ultima rilevazione del mese scorso la percentuale è salita al 47,6%.

Chi non si trova? Dai saldatori ai medici di medicina generale, dagli intonacatori ai dirigenti di azienda in particolare di scuole private e strutture sanitarie private agli ingegneri. Insomma, mestieri e professioni di tutti i generi, con la caratteristica di un disagio che copre tutta la Penisola, nessuna zona esclusa. Un problema enorme. In molti casi tutto questo dipende da una mancanza di offerta da parte del sistema formativo, spesso scollegato dal mondo reale, ma la causa è anche nelle condizioni di lavoro che spesso vedono stipendi bassi e condizioni al limite.

Un esempio è quello che sta succedendo a Tper, l'azienda di trasporto pubblico che copre Bologna e Ferrara: non trova autisti per gli autobus. Solo a Bologna ne mancano quasi 150. Qui il nodo appunto è sia nelle condizioni di lavoro - con turni, dicono i sindacati, che possono arrivare con le pause fino a 11 ore - sia nelle retribuzioni, che per i neoassunti non superano i 1200 euro e che per i più anziani non arrivano a 1600.

Un mix terribile, in sostanza. E quindi? Semplice, bisognerebbe agire sulla formazione, ma spingere anche sulle giuste retribuzioni e su un welfare e una organizzazione aziendale il più moderna possibile e al passo coi tempi. E che rispetti i diritti di chi lavora perché ha bisogno di vivere.