ALESSANDRO CAPORALETTI
Editoriale
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Il miracolo del lago

Al cospetto dei cocuzzoli dei Sibillini, nelle Marche, ogni primavera accade una piccola, grande magia della natura. Si chiama lago di Pilato, o “lago con gli occhiali”, ed è il più alto degli Appennini: più di 1.900 metri sul livello del mare nel circo glaciale del monte Vettore, sotto la piramide del Redentore e il pinnacolo del Gran Gendarme. Piccolo e magico: dicono che in secoli lontani fosse luogo di raduno per i negromanti nella terra della Sibilla, che poco lontano aveva la sua grotta nelle viscere della montagna. Il suo nome è leggenda. La storia vuole che tra le sue acque sparì il corpo di Ponzio Pilato, fatto giustiziare dall’imperatore Vespasiano per non avere impedito la crocifissione di Gesù e messo su un carro trainato da due buoi che si trascinarono fin sui Sibillini e si persero nella profondità di quella pozza gelida. Piccolo e fragile: si nutre di nevai e piogge invernali, è la casa di un piccolo crostaceo unico al mondo (il Chirocefalo del Marchesoni, dal nome di chi lo scoprì), nasce quasi sempre in primavera, salvo (ogni anno dal 2017) morire più o meno alla fine dell’estate, evaporato nella siccità che lo asseta. Ecco, il “lago con gli occhiali” è uno dei piccoli tesori che il cambiamento climatico rischia di cancellare del tutto: l'anno scorso le immagini del suo prosciugamento in un cratere di pietre arse dal sole hanno fatto il giro del web, quest’anno la situazione è migliore per merito di nevi e piogge più abbondanti nella stagione invernale. Ma l’equilibrio dell’habitat è delicatissimo e precario, secondo qualcuno già segnato dal riscaldamento climatico che erode ghiacciai sulle Alpi e inaridisce il cielo sopra l’Appennino. Eppure lo spettacolo è unico, meta del pellegrinaggio di centinaia e centinaia di escursionisti che in ore di cammino ogni anno si inerpicano fin lassù dalle Marche (Foce di Montemonaco o Forca di Presta) e dall’Umbria (Castelluccio di Norcia) per assistere al miracolo della natura che si rinnova.