Bene ha fatto il neo presidente dell’Emilia-Romagna, Michele de Pascale, a mettere attorno a un tavolo i vertici degli aeroporti di Bologna, Rimini, Forlì e Parma. L’obiettivo è di armonizzare la loro crescita evitando guerre per strapparsi uno con l’altro destinazioni e compagnie, puntando a 20 milioni di viaggiatori l’anno e coordinando in sostanza l’attività. Una missione lodevole che però non è sicuramente facile. Come dimostra il passato, quando gli scali hanno pensato più che altro a rubarsi passeggeri, senza mai cercare una vera alleanza. Con ricadute pesanti – la chiusura di Forlì lo dimostra – e la Regione che ha dovuto spesso tirare fuori risorse dal portafogli. In un territorio come l’Emilia-Romagna nel tempo è tramontato il modello – sponsorizzato dalla politica - secondo il quale ogni città dovesse avere tutto di tutto: dalla Fiera all’aeroporto al mercato ortofrutticolo. In tempi di vacche magre non è possibile sostenere un’architettura come questa e quanto successo nelle fiere lo dimostra: alla fine tutto ruota intorno a Bologna e Rimini che prima o poi dovranno finalmente trovare una strada comune, una sinergia per competere su mercati sempre più globalizzati. La stessa cosa vale per gli aeroporti. La prima domanda da porsi è questa: può l’Emilia-Romagna permettersi quattro scali? Forse no. Ma allo stesso tempo così non può andare. Parma ha una sua micro dimensione, Bologna ha un traffico che l’infrastruttura attuale non riesce a sostenere – vedi code ai check-in, resse nelle zone di imbarco sui voli, problemi nella consegna dei bagagli, caos nella viabilità e nei parcheggi, collegamenti carenti con la stazione e il centro storico -, Forlì sta cercando una propria dimensione e Rimini è sostanzialmente al servizio di un solo spicchio di Romagna. Ogni città vuole giustamente coccolarsi il proprio scalo, ma così non si può reggere. Ora si vedrà cosa nascerà da questo coordinamento, ma certamente non si può pensare che una compagnia interessata a portare passeggeri a Bologna accetti di essere dirottata a Forlì o a Rimini oppure viceversa. Perché poi i problemi che nascono sono altri. Se mi interessa visitare Bologna non posso perdere più di una mezza giornata per raggiungerla da Forlì, considerati i problemi annosi dei treni. E se voglio stare in Romagna e atterro a Bologna è ancora peggio. Dal ‘Marconi’ devo andare in qualche modo in stazione e da lì prepararmi a un viaggio non semplice in treno. Lo stesso vale per i spostamenti in auto che in estate diventano ancor più lunghi e problematici. Tradotto: cosa fare? Ecco perché il ragionamento va allargato dagli scali alle altre infrastrutture, considerando però che il tempo è poco. La stagione 2025 è già programmata, si vedrà cosa succederà a livello di numeri. Ma dopo occorre una cabina di regia veloce. Altrimenti sarà il mercato a decidere chi può restare aperto e chi invece deve dire addio agli aerei.
EditorialeIl rebus dei cieli