SERGIO GIOLI
Editoriale
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La deficienza dei test

Poiché è difficile dire se sia più inquietante l'intelligenza artificiale o la deficienza dei test scolastici, cerchiamo di cogliere l'aspetto positivo della notizia che la scorsa settimana ha scandalizzato l'Italia. L'Università di Ferrara è stata costretta ad annullare una prova d'esame consistente in una serie di domande a risposta multipla (volgarmente detti test a crocette) perché molti dei 362 partecipanti hanno utilizzato ChatGpt. Il campanello d'allarme è suonato quando i professori si sono accorti che le risposte erano tutte esatte e la media dei voti molto alta. Condanna unanime e grande indignazione. Il prorettore ha tuonato: ''Si tratta di un atto grave che non solo compromette l'integrità dell'esame ma rappresenta una violazione delle regole accademiche e del codice etico che ogni studente è tenuto a rispettare''. Con lui si sono schierati il corpo docente, il mondo accademico e l'opinione pubblica. Un fronte compatto e unanime. Invece a noi la notizia ha fatto piacere, e non per la truffa sventata ma perché ha messo in luce un sistema, quello dei test, che sta abbruttendo la scuola italiana. Per carità, se l'obiettivo è sfornare burocrati che sanno fanno fare due conti e sono in possesso di una serie di sterili nozioni, i test sono perfetti. Ma se l'obiettivo è invece formare teste pensanti, i quiz andrebbero messi al bando, e alla svelta. Ha scritto Chris Hedges, giornalista americano premio Pulitzer: ''I test premiano quelli che rispettano le regole, memorizzano le formule, e mostrano deferenza all'autorità. I ribelli, gli artisti, i liberi pensatori, gli eccentrici e gli iconoclasti, quelli che pensano con la propria testa, sono estirpati''. Dovrebbero riflettere i ministri dell'Istruzione e dell'Università, i rettori, i presidi e gli educatori di ogni ordine e grado. Il test a cosa serve? A misurare la preparazione di uno studente? Bene, ma misurare e valutare sono cose diverse. Vogliamo misurare quante cose uno studente ha imparato a memoria oppure vogliamo valutare la sua capacità di ragionare, di fare collegamenti, di uscire dal seminato, di battere nuove strade, perfino di contraddire il suo professore? In questo ChatGpt non è di aiuto. Ecco perché la beffa di Ferrara è una buona notizia: ha mostrato che il re è nudo, perché anche un cretino con uno smartphone in mano può prendere 30 a un esame siffatto.