Editoriale

La forza dell’est

Tra le tante spine che affliggono il sistema produttivo, in particolare in Emilia Romagna, c’è anche quella della carenza di manodopera. Problema che anno dopo anno diventa sempre più grande invece che trovare una soluzione. Molte aziende faticano a trovare forza lavoro, non solo in settori come quello turistico o del commercio ma anche in comparti ultra specializzati come quello della meccanica. Nel corso di un convegno sul tema organizzato dalla Cisl a Bologna, l’imprenditrice Valentina Marchesini (sul ponte di comando di un gruppo leader nelle macchine per il confezionamento) ha detto: “Inutile continuare a voler portare qui lavoratori dalla Germania e dalla Francia. Concentriamoci sull’Europa dell’est, dalla Slovenia alla Turchia, passando per Grecia e Albania”. Insomma, un’apertura ad altri mercati, perché senza stranieri non si produce più: gli italiani da soli non bastano, complice anche il tasso di natalità molto basso. E’ un’emergenza perché le aziende del territorio, molte delle quali gioielli nei rispettivi ambiti, rischiano di trovarsi senza benzina nel motore oppure con difficoltà a reperire quella benzina. Il problema ha tanti volti, intanto percorsi formativi non adeguati, la difficoltà appunto di coordinare la formazione con l’effettiva esigenza di manodopera, oltre a un ecosistema poco attrattivo. Impensabile che qualcuno sia disposto a trasferirsi in città dove gli affitti sono alle stelle, dove è difficile comprare casa, dove il welfare è scarso. Occorre una presa d’atto da più attori che tutto questo va affrontato, perché non serve un impegno maggiore da parte solo delle università o delle scuole di formazione, ma a questo vanno affiancate azioni pubbliche per calmierare gli affitti e garantire una rete sociale più strutturata. Difficile, certo, ma non impossibile. Con la consapevolezza che se non si interviene si rischia che le aziende chiudano, che la ricchezza cali e che quindi tutto il territorio si impoverisca.