Editoriale

La tragedia di Cutro, il dovere di trovare risposte

Sette giorni dopo il naufragio i morti sono settanta. I dispersi oscillano tra 27 e 47. L’ultimo corpo ritrovato è quello di un bambino, dovrebbe avere tre anni ma non è possibile stabilirlo con certezza, perché quel bambino non ha ancora un nome, né una storia. Per il momento ha solo un codice: KR69M3. Riparto da lui, non per indugiare sul dolore del disastro di Cutro, ma per ribadire la necessità di non perdere di vista il senso più profondamente umano di quanto accaduto, soppiantato in questi giorni da un assordante cicaleccio polemico e talvolta cinico. Riparto dalle parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella, di fronte alle bare disposte in fila nel palazzetto dello sport: "Verità e giustizia". Sono davvero le uniche parole utili e necessarie che ho sentito pronunciare.

La magistratura sta facendo le indagini che dovranno stabilire con esattezza la concatenazione di cause ed eventuali omissioni che hanno consegnato a una morte incredibile i migranti, a cento metri dalla costa italiana, con un mare forza 4. Che significa un mare in tempesta, ma di certo non impraticabile per le motovedette attrezzate per i soccorsi. E questo è il dato più importante, più centrale: se muoiono settanta (e probabilmente più) persone in quel modo, i fatti vanno ristabiliti con precisione ed esattezza. Le responsabilità contestate senza indugio. Lo si deve alle vittime, alle loro famiglie, e poi alla dignità e alla civiltà di un Paese, il nostro, che ha l’obbligo di dare risposte precise, esaustive e urgenti a una tragedia che non era inevitabile, a quanto sappiamo oggi.

La politica, invece. Veniamo alla politica. Ieri il sindaco di Crotone ha scritto una lettera a Giorgia Meloni, chiedendole di venire nella sua terra ferita e traumatizzata se non da premier, almeno da madre. Sempre ieri, Meloni ha annunciato che farà il prossimo consiglio dei ministri proprio a Cutro. Ed è un bene: è un bene che vada a Cutro non da madre, ma da premier. È un bene perché segna il passo più a lungo atteso: il governo - non solo lo Stato, dunque, non solo Mattarella, ma il governo - deve con forza unirsi alla richiesta di «verità e giustizia». Le differenze di vedute sulle politiche migratorie e il braccio di ferro con l’Europa non possono offuscare o inquinare una presa di posizione precisa sui fatti. Precisa, chiara, ribadita anche simbolicamente con la decisione di andare a Cutro. I simboli in politica sono importanti, valgono spesso più delle parole. Il governo a Cutro è necessario a spegnere ogni equivoco, a silenziare il cicaleccio: le vittime non sono mai colpevoli, la vita umana viene prima di tutto. E va difesa, sempre.