Lavori infiniti e burocrazia. Addio sicurezza

Un disastro nazionale. Gli ultimi tre morti (due bambini; sono otto le vittime da giugno 2021) nel tratto ascolano maledetto dell’autostrada A14 mettono a nudo un sistema da migliorare. Sette anni di cantieri, un termine lavori ancora troppo lontano, un allargamento a tre corsie solo sognato, scontri e feriti ogni settimana, code gargantuesche appena si muove la ‘macchina’ del turismo o si verifica un tamponamento da Pedaso a Pescara. Il governatore delle Marche Francesco Acquaroli è stanco, chiede una rimodulazione dei cantieri. Almeno.

Ma c’è un aspetto globale su cui ragionare. Intanto le folli questioni burocratiche che i gestori affrontano: basta un ricorso per fermare lavori attesi anni, servono mesi per sbloccare pratiche banali. Poi le tariffe: su seimila chilometri di rete autostradale in Italia, la metà è gestita da Aspi (come nel caso marchigiano), la metà da altri enti. In molti casi i piani economici e finanziari sono vecchi, obsoleti. Dalla Milano Serravalle-Milano Tangenziali all’Autostrada dei Fiori, dalle autostrade valdostane ad Autovie Venete fino al Brennero, ci sono società con concessioni in aggiornamento o addirittura scadute (l’A22, per fare un esempio). E tariffe ferme. Autostrade per l’Italia le ha adeguate (con una variazione media del 2% sul pattuito 3,34%), investendo nel solo 2022 oltre 900 milioni di euro: ma non basta. Non c’è solo la manutenzione, il sistema va ammodernato o esteso. Da una parte dunque i cittadini pagano di più, sì, ma i gestori faticano, avrebbero bisogno di più denaro o di un modello diverso. In Spagna e Francia l’aumento è a +4%, nel Nord Europa la gestione si paga soprattutto con le entrate fiscali. Ecco perché il Ministero delle infrastrutture affronterà la questione e deve dare risposte alle società e ai cittadini. Ecco perché servono nuove modalità dei cantieri e di comunicazione istituzionale. Questi tre morti sono una vergogna nazionale.