Ormai siamo tornati tutti dalle vacanze. Quando io ero bambina, quindi un po’ di anni fa, le vacanze continuavano fino al primo ottobre. Ora le cose sono cambiate, si torna sui banchi di scuola a metà settembre. I problemi sono anticipati, ma sono rimasti quelli: comprare i libri e fare gli ultimi acquisti. Anche lo stato d’animo dei genitori, ossia le spese che si affrontano e i problemi familiari e organizzativi, non sono mutati; i figli passano da stati di ebbrezza per la gioia di rivedere i compagni, all’ansia di dovere affrontare di nuovo gli studi e le conseguenti interrogazioni e i compiti in classe. Direi che non c’è niente di nuovo sotto il sole, come si usa dire. Invece, alla luce dei tristissimi fatti di cui si parla in queste settimane, cioè del terribile malessere di diversi giovanissimi, la nostra società rimane sconvolta ed entra in crisi. Il desiderio di fuggire dal contesto familiare, il non sopportare le regole che, nella maturità, si riconosceranno poi educative e non impositive in maniera inutile, sono cose che sono sempre esistite. Quante sono state le discussioni con i nostri genitori per cose non ricevute in gioventù? Le ricordiamo ancora con una certa rabbia, però non si arrivava a compiere gesti nefandi, oppure, se nel passato si sono verificati, sono restati dei punti fermi e isolati. Le giovani generazioni, precedenti a quella che stiamo vivendo, erano psicologicamente più forti: certamente i molti No ricevuti senza discutere, facevano riflettere, ma credo che insegnassero anche a meritare e a conquistare quello che così fortemente si desiderava. La vera gioia si comprende quando raggiungi un obiettivo con le tue forze, è la conquista che rende forti. Questo, però, lo si capisce purtroppo solo quando si è più grandi e maturi. Il guaio è che bisogna arrivarci alla maturità…
EditorialeIl male di vivere dei ragazzi di oggi