La mafia ha messo radici anche in Emilia Romagna, purtroppo lo hanno confermato inchieste, processi e condanne. Ecco perché quanto accaduto di recente a Casina, in provincia di Reggio Emilia, non deve passare come una banalità. Anzi. Nel piccolo Comune, il sindaco Stefano Costi ha infatti negato a una troupe della locale Telereggio di seguire un consiglio comunale dedicato proprio all’arrivo di una commissione di indagine che deve verificare la sussistenza di tentativi di infiltrazioni o di collegamenti con la criminalità. Un no motivato da assurdi motivi burocratici: la richiesta sarebbe pervenuta dai giornalisti 32 ore prima della seduta e non 48 come prevede un regolamento comunale. Insomma, un cavillo avrebbe negato alla cittadinanza di conoscere attraverso la tv quanto accadeva in un luogo pubblico, come un consiglio comunale. Apparentemente potrebbe sembrare una banalità, ma quando si parla di mafia serve molta attenzione. La mafia si combatte con la trasparenza, accendendo riflettori, raccontando tutto alla luce del sole e purtroppo questa censura è da condannare. Come ha fatto l’eurodeputata dei Cinque stelle, Sabrina Pignedoli, che ha sottolineato come “non ci possono essere limitazioni all’accesso a fatti di pubblico interesse, ancor più per quelli che riguardano la presenza delle mafie in Emilia Romagna, una presenza a lungo negata, minimizzata e poi ampiamente confermata da inchieste, processi e condanne”. Ecco perché il sindaco deve cambiare subito quel regolamento se, come ha detto, l’unico motivo del no alle riprese della televisione locale è legato a questo. Altrimenti nascerebbe un problema. E la mafia non ha bisogno di aiuti, anzi, va combattuta senza se e senza ma.
EditorialeNon aiutiamo la mafia