Editoriale

Più lavoro, ma precario

Più lavoro sì, ma precario. Dietro all’aumento di 639mila occupati (+3,7%) nelle Marche, l’anno scorso, c’è anche questo: la crescita di contratti a tempo determinato. Dati in chiaroscuro in un clima di generale ripresa dopo la pandemia, secondo il giudizio della Cgil, che ha elaborato le statistiche messe insieme da Istat e Inps sul mercato del lavoro. Meno 42mila disoccupati (-5%) rispetto al 2021, meno inattivi, si attenua il divario di genere, ma le assunzioni decollano più lentamente che altrove (+8,2%), se si confronta il trend delle Marche con quelli delle regioni vicine (+12,5%) e dell'Italia in generale (+11,4%). “Il saldo tra assunzioni e cessazioni risulta positivo nel complesso e per le singole tipologie contrattuali, ad eccezione dei contratti a tempo indeterminato e dei contratti in somministrazione”, calcola il sindacato. Sul totale dei nuovi assunti, solo il 12,1% può contare su contratti a tempo indeterminato, mentre quelli a termine sono la tipologia più diffusa, il 37,8%. Rispetto al 2021 aumentano i licenziamenti di natura disciplinare (+ 42,4%) ed economica (+ 42%), oltre alle cessazioni per la fine del contratto (+13%) e alle dimissioni volontarie. “L'occupazione cresce, ma trainata solo da lavoro autonomo o da contratti a tempo determinato e part-time – dice Rossella Marinucci, segretaria regionale della Cgil –. Donne e giovani sono ancora una volta le categorie più penalizzate da precarietà e vulnerabilità”.

La fotografia di un mercato del lavoro che cambia (non sempre in meglio, anzi), e non stride con i dati messi nero su bianco dal sistema informativo Excelsior di Unioncamere e rielaborati da Confartigianato: tra aprile e giugno in regione ci sarà posto nel mondo del lavoro per altre 47.880 persone (12.150 solo ad aprile), i cosiddetti lavoratori in entrata, specie nei settori del turismo e della ristorazione, ma anche nella moda, nella meccanica e nei servizi. Ma il 45,7% delle figure professionali risulta di difficile reperimento. Per questo Confartigianato chiede un approccio sistemico al sistema della formazione e bandi ad hoc per le piccole imprese, che sono la spina dorsale e il nerbo dell’economia regionale, ma stanno anche soffrendo di più le conseguenze del caro bollette, dell’aumento dei costi delle materie prime e della guerra in Ucraina