‘I cittadini capiranno’ dice il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, per giustificare i mostruosi aumenti dei biglietti dell’autobus scattati dal primo marzo sotto le Due Torri: corsa singola da 1,50 a 2,30 euro (+ 53,3%), city pass da dieci corse da 14 a 19 euro (+ 35,7%) e giornaliero da 6 a 9 euro (+ 50%). Rincari che mettono tristemente la città ai vertici in Italia (a Milano i biglietti costano 2,20 euro) e in Europa (a Londra siamo a 2,10 euro) e che inevitabilmente sollevano rabbia tra i cittadini. Certo, i bolognesi capiranno che non c’è niente da fare, che il bus diventa qualcosa da ricchi, che forse quei soldi incassati in più il Comune li userà per qualcosa di giusto e opportuno (ad esempio opere contro le alluvioni), che probabilmente la colpa è del governo che taglia i trasferimenti alle amministrazioni, che Bologna non è più una città popolare e di sinistra con servizi pubblici alla portata di tutti, che il declino è inevitabile. Insomma, si capirà che invece di penalizzare le auto (Bologna è affogata nel traffico) si colpisce il trasporto pubblico e che l’inflazione, così raccontano dalla giunta comunale, è un qualcosa che arriva sui portafogli locali per colpa di altri e non per quello che accade sotto le Due Torri. Probabilmente molti smetteranno di prendere il bus (non è vero che coi rincari si colpiscono solo i ricchi e i turisti, che poi è giusto spennarli?), utilizzeranno la propria auto e intaseranno la città a scapito di chi prende gli autobus che già ora non offrono un servizio di altissima qualità. Possiamo scomodare Renato Zangheri, sindaco di Bologna d’altri tempi, e sicuramente d’altro spessore, che nel 1973 sperimentò gli autobus gratis oppure citare Alessandro Barattoni, uomo del Pd come Lepore e candidato sindaco del centrosinistra, che ha promesso, se sarà eletto, di renderli gratuiti nella piccola Ravenna. Possiamo cercare esempi in altre zone d'Europa, dove si fa di tutto per spingere le persone su bus, tram e metropolitane a scapito delle auto. Possiamo citare anche il rispetto per l’ambiente, la valorizzazione delle piste ciclabili, il centro chiuso alle auto private. Abbiamo, insomma, esempi moderni e attuali di politiche che vanno nella parte diametralmente opposta da quella scelta da Lepore. Quindi è logico chiedersi se tutto questo era proprio necessario. C’è la certezza che quello che dice il sindaco è vero, che i soldi non ci sono, ma forse si sarebbero potute trovare soluzioni diverse, provando a risparmiare altrove, spremendo all’inverosimile i bilanci per recuperare risorse. Sforzarsi per trovare un’alternativa, anche fantasiosa. Così non è stato. E i cittadini capiranno che sono più poveri, che i tempi di Zangheri non torneranno più e che forse il peggio deve ancora venire, perché oltre ai soldi mancano le idee.
EditorialePiù poveri nelle tasche e nelle idee