SERGIO GIOLI
Editoriale
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Più tasse. E in cambio?

C'è un cortocircuito che la politica non coglie, quello tra tasse e servizi. Si dice: bisogna alzare le tasse per garantire i servizi a tutti. Si omette di dire: i servizi non sono eccelsi, non sono affatto garantiti (vedremo tra poco perché) e i tartassati non sguazzano di certo nell'oro. In questi giorni in Emilia-Romagna abbiamo assistito a una raffica di rincari a opera di Regione e Comuni: Irpef, Irap, bollo auto, ticket sanitari, biglietti dei bus, parcheggi. Rincari necessari, è stato detto, visto che il governo ha chiuso i cordoni della borsa. E questo è vero. Però manca la descrizione del rovescio della medaglia. I rincari non gravano tanto sui ricchi quanto su famiglie il cui reddito è fermo da anni (Carlino del 16 febbraio), piovono sulla testa di cittadini a cui viene chiesto di pagare un affitto di 500 euro al mese per una soffitta di 10 metri quadri (Carlino del 4 febbraio), schiacciano imprese che combattono con una produzione industriale drammaticamente in calo (Carlino del 20 dicembre 2024), colpiscono viaggiatori di ogni censo che passano ore intrappolati nel traffico (Carlino del 12 febbraio). Insomma, il momento non è dei più felici. Prendiamo la Sanità. Secondo le classifiche, in Emilia-Romagna funziona meglio che altrove. Ma meglio non significa bene. Le liste d'attesa costringono moltissimi a rinunciare, oppure a rivolgersi al privato. Tutti ricchi? Mica tanto, visto che il 4,4% dei prestiti chiesti alle banche è finalizzato a sostenere spese mediche. In pratica, ci si indebita per curarsi. Senza considerare il boom delle assicurazioni, sottoscritte a costo di grandi sacrifici economici semplicemente perché non se ne può più fare a meno. Ecco, a fronte dei rincari serve un cambio di paradigma sull'efficienza dei servizi, sulla razionalizzazione dei costi e il contenimento degli sprechi. Il presidente di Cna Paolo Cavini (Carlino del 16 febbraio) dice che ''una forte riduzione della burocrazia aiuterebbe l'economia''. Ha ragione. Secondo uno studio dell'Istituto Ambrosetti, il costo annuo dell'attività burocratica per le imprese ammonta a 57,2 miliardi. Non è colpa solo dello Stato. L'ufficio studi della Cgia calcola che la burocrazia locale assorbe 14,5 miliardi. Un'indagine condotta dalla Cna dimostra che per aprire un'attività di autoriparazione servono 86 adempimenti, un corso di 500 ore per un tempo complessivo di 6 mesi e una spesa totale di 11mila euro; per un negozio di parrucchiere gli adempimenti sono 65, con 26 enti coinvolti e 39 file da fare, spesa di 17mila euro; per un bar 71 adempimenti e 26 enti coinvolti da contattare 41 volte; per una gelateria rispettivamente 73 e ancora 26. E via così. Non proprio un sistema che spinge a pagare le tasse con il sorriso sulle labbra.