A Bologna i nomi delle strade sono riportati su belle targhe in vecchia ceramica bianca con bordo filettato in blu. Passeggiando in centro si notano targhe in plastica (biodegradabile?) con cui il Comune, immagino per economia, ha sostituito quelle originali forse deteriorate, poco leggibili o rotte. Il risparmio sui costi non giustifica però una scelta che contrasta con la bellezza del contesto urbanistico caratterizzato da palazzi di grande pregio storico-artistico e spero che il Comune voglia rivedere tale scelta.
Emilio Pascale Guidotti Magnani
Risponde Beppe Boni
La storia di Bologna si può leggere anche attraverso le targhe in marmo poste ad indicare i nomi delle vie. Nel senso che la loro foggia in qualche modo identifica un periodo storico che ha visto lo svolgersi del tempo e con esso l'identificazione delle strade che in qualche caso hanno cambiato nome. Certo le targhe in plastica o in materiale simile non sono un granché per un città come Bologna che attira turisti per i propri monumenti, palazzi, chiese, vie medievali. I materiali di oggi che identificano certe le vie sono forse più comodi, più economici, forse anche più resistenti ma meno eleganti e scarsamente evocativi.
Almeno è opportuno conservare le targhe in marmo che restano ripulendole e restituendo loro l'antico splendore. Sono piccoli gioielli artistici. La toponomastica bolognese nasce circa due secoli fa. Prima i nomi delle strade spuntavano in maniera spontanea dai cittadini. Con la Repubblica Cisalpina affiorò l’esigenza di avere una denominazione ufficiale. Per questo, nel giugno del 1801 fu decisa e attuata la collocazione in tutte le strade della città di piccole lapidi di macigno, note anche come lapidette di Napoleone, che identificavano strade e zone. Tra il 1873 e il 1878 con una nuova riforma fu disposto di rinominare diverse vie con vere e proprie targhe a cui veniva aggiunta una lapide col vecchio nome.