Editoriale

Sanità, il problema non è il duello pubblico-privato

La battaglia della sanità è solo all’inizio. Dall’incubo commissariamento per l’Emilia-Romagna allo scontro fra modelli (privato-pubblico) nelle Marche, dal Lazio dove s’attende il d-day dei conti il 20 aprile fino al Veneto alle prese con le prestazioni arretrate da recuperare, nessuno dorme sonni tranquilli. Chi nega il rischio peccherà di hybris, la tracotanza orgogliosa cara a Eschilo (e tutti sappiamo che ne deriva). I sistemi sanitari regionali, in particolare quelli basati su un pubblico davvero pubblico e su un privato principalmente accreditato (come l’Emilia-Romagna e la Toscana), sono stati sfibrati dalla pandemia. Non solo le persone (i professionisti sono stremati e sempre meno), ma soprattutto i numeri. In Emilia-Romagna il ritorno alla normalità è stato improvviso e dallo Stato non sono arrivati i fondi sperati. Le azioni previste hanno messo una pezza sul 2022, i dati di viale Aldo Moro del 2023 non sono incoraggianti, ma il Ministero teme per il 2024. Fd’I ha agitato lo spettro commissariamento: troppo? Forse no. Il centrodestra, che a Roma governa, dovrebbe pensare più ai fondi da recuperare che ai sistemi da far brillare, ma la reazione del Pd e della maggioranza non è stata centrata. Il tema non è lo smantellamento della sanità pubblica per il privato il privato il privato (lo scriviamo tre volte per dare l’idea dell’enfasi dem): il tema sono le risposte nuove che la sanità pubblica deve dare e la fine delle contrapposizioni Bologna-Roma. Se non ci saranno (dalle assunzioni ai trasferimenti, per cominciare), non parleremo più nemmeno del privato. Frank Underwood, il protagonista della serie tv ‘House of cards’, una volta disse: “Se non ti piace com’è apparecchiata la tavola, ribaltala”. E i dem, che una grande autocritica non l’hanno fatta (pensate alle liste d’attesa) devono aver seguito con attenzione l’attore. Han ribaltato il tavolo. Costruito l’ennesimo scontro. Ma qui nessuno si salva da solo.