MASSIMO PANDOLFI
Editoriale
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Sanità violata: tutti zitti

Milioni di dati sensibili sanitari dei cittadini della provincia di Modena sono finiti nella rete, nel cosiddetto darkweb  dove solo un esperto riesce ad entrare, ma di esperti ormai ce ne sono tanti. E chi ce la fa, può trovare informazioni su ricoveri, malattie e molto altro del signor Mario Rossi di Modena o di Caterina Verdi di Sassuolo.

Il caso è enorme e va avanti da settimane. Gli hacker hanno chiesto un riscatto di tre milioni di dollari in bitcoin; non avendo ricevuto risposta positiva, hanno iniziato a sbattere la nostra privacy sul web. Situazioni simili sono capitate in altre realtà sanitarie italiane, e non solo sanitarie. Sappiamo benissimo che la nostra sicurezza cibernetica fa acqua da tutte le parti, ma la storia di Modena induce a molte nuove riflessioni anche perché il numero di cartelle copiate dagli hacker è impressionante.

E' vero che vittime di questo hackeraggio sono in qualche modo anche l'Ausl emiliana e la Regione Emilia Romagna, coloro cioè che sovrintendono, dovrebbero sovrintendere il tutto, però io cittadino che fornisco i miei dati, anzi il mio corpo, a questi signori, vorrei avere da loro la giusta protezione, non solo fisica (pago le tasse, no?). Chiedo, anzi esigo, che la mia privacy sia salvaguardata. A Modena, ciò non è accaduto. 

E allora, chi paga? (non il riscatto eh...). Cosa succede se un cittadino decide di rivalersi contro l'Ausl perché il suo ricovero o i numeri dei suoi globuli rossi o bianchi sono finiti nella mani di chissà chi?

Si stanno muovendo avvocati, si stanno muovendo associazioni di consumatori, si stanno muovendo in molti. Silenzio (più o meno assordante) dalla Regione e dall'assessorato alla Sanità; erano intervenuti a fine novembre con parole di circostanza. Da fine novembre a oggi è successo di tutto eppure loro zitti, nessuna dichiarazione, nessuna intervista. Quel milione di dati, però, sono stati rubati a una loro struttura; non possono lavarsene le mani.