Torniamo a parlare di Covid. Argomento antipatico perché, al contrario di quanto si diceva allora, non è andato tutto bene. Nei giorni scorsi la Regione Emilia-Romagna ha diffuso un report sui disturbi psichici tra i giovani. Dati allarmanti: dal 2010 al 2023 c'è stato un incremento del 73% delle prese in carico da parte della neuropsichiatria infantile, da 38.061 a 64.895. Sono aumentati tra i ragazzi i disturbi alimentari, i ricoveri psichiatrici, i disturbi dello spettro autistico e quelli dell'ansia. Si tratta di una nuova pandemia, dice la Regione, cominciata prima del Covid ma che con esso ha avuto un vero e proprio boom, che continua e continuerà. Un boom dovuto non al Covid in quanto tale bensì ai provvedimenti che furono presi per arginarlo, a cominciare dalla chiusura reiterata delle scuole.
L'ha detto con coraggio l'ex commissario regionale all'emergenza, Sergio Venturi: ''Quello fu l'errore più grande. L'Italia è stato l'unico paese occidentale che non ha riaperto le scuole dopo il lockdown''. Lui lo ammette, gli amministratori di allora no. Perché, ricordiamolo, si trattò di una scelta politica sollecitata dalla Conferenza delle Regioni e dettata dal terrore che si era diffuso tra la gente. Una scelta disonorevole: sacrificare le giovani generazioni pur di rassicurare le vecchie.
Su quei fatti è stato steso un velo di oblio autoassolutorio. Le colpe furono tante e trasversali e la mancanza di coraggio quasi universale. Noi ci permettiamo di ricordare come andarono le cose per due motivi. Il primo, il più importante, perché non accada più. Il secondo, perché questo giornale fu tra le pochissime voci ad avversare quella decisione quando tutti quanti (partiti, media, personale scolastico e opinione pubblica) la sostenevano.