“L’anno che sta arrivando tra un anno passerà”. Il Dall’Ara canta e vibra con Lucio, mentre i giocatori si abbracciano sotto la curva intitolata a Giacomo Bulgarelli. La vittoria sul Milan è alle spalle e un altro capitolo di storia ed emozione si aggiunge a questi anni rossoblu ‘ che sanno di magia.
Si coglie nell’aria quel vento propizio, quell’orgoglio di bandiera, quel respiro di una città intera che veglia sulle sorti della squadra. Qualcosa di molto simile alla rincorsa Champions di un anno fa con Motta al timone.
Ma in cabina di comando non c’è più l’algido Stranino, c’è un allenatore indiavolato, con gli occhi della tigre e lo stigma di chi si è sudato la gloria passo dopo passo. Vincenzo da Ribera salta, impreca, gesticola in quella tuta che sembra improvvisamente stretta come una prigione. E la sua banda gli va dietro, si inerpica sulle partite come dovesse affrontare pareti di settimo grado. Lotta, soffre e stupisce questa squadra e la passione, condivisa con il pubblico, la fa ancora più bella e più amata.
È un Bologna che rincorre e capovolge le partite, che non si arrende ai verdetti del destino, alle sviste arbitrali, ai pali che schioccano negando il gol.
La forza mentale del gruppo è solida come roccia, il copione di gioco conosciuto a memoria. Uno spartito dove Castro, Ndoye, Dominguez, Orsolini e tutti gli altri incastonano le loro perle, le giocate individuali che restano il sale del calcio.
L’anno che sta arrivando, e quello che verrà dopo ancora, non spaventano più il Bologna, che ha saputo rigenerare la sua forza e trasformarsi in un lottatore indomito, in un gladiatore degno della sua Arena così coinvolta e partecipe.
È troppo bello cantare con Lucio dopo un’altra vittoria e credere che il domani ci troverà preparati, proprio come dice lui: con i telefonini accesi in mano, innamorati di questo sogno che continua.