Il 25 febbraio l’Università di Bologna presenterà l'offerta formativa alle future matricole. La scelta di queste nuove generazioni di studenti sarà se andare a sostenere un mercato del lavoro che ha smarrito il filo rosso nel proprio labirinto di evoluzione tecnologica e nuove esigenze economiche e demografiche o se tornare ad occuparsi dell’agire sociale, schiacciato in un presente colmo di solitudine, angoscia e fragilità. Il dibattito sulle due culture, umanistica e scientifica, è sempre vivo. Il dilemma si è assottigliato e la domanda è: c'è bisogno di sviluppare l’intelligenza artificiale del domani o migliorare quella umana di oggi?
Alessandro Sportaro
Risponde Beppe Boni
La cultura umanistica e quella scientifica sono solo in apparente contrasto tra di loro. Costituiscono due aspetti della vita umana che a volte divergono, ma più spesso si integrano. Le due culture hanno viaggiato insieme senza contrasti fino al 1600 quando Galileo, scienziato umanista, valicò per primo il recinto delle verità della Chiesa mettendo in dubbio aspetti fino ad allora mai confutati e avviò un periodo di instabilità nel mondo del sapere. Nell'Ottocento la dialettica tra le due visioni divenne esasperata, poi il mondo è cambiato e pur essendo percorsi diversi oggi i due saperi si integrano.
L'università ha il dovere di proporre le due strade, poi saranno gli studenti a scegliere. Ma anche nel mercato del lavoro, più improntato per forza di cose alla conoscenza tecnologica, oggi la cultura umanistica aggiunge valore.
Uno dei grandi interrogativi dei nostri tempi, infine è capire dove ci porterà l'intelligenza artificiale. Sappiamo da dove e come è cominciata, ma non sappiamo ancora dove ci porterà. L'uomo deve acquisire la capacità di guidare e sfruttare l'intelligenza artificiale come strumento aggiuntivo nel mondo del lavoro evitando di farsi sopraffare da essa. Questa è la grande scommessa della società moderna.