Basta, davvero basta. Il basket può piacere o non piacere. Ma è un gioco, non un videogioco. Alla Segafredo Arena, non è la prima volta, i tre fischietti – che l’Eurolega faccia qualcosa –, si incartano. Ma soprattutto rivedono fino alla noia decine di azioni. Se vogliono divertirsi, suggeriamo ai tre fischietti di vedere qualche bel filmato del passato. Magari con Doctor J o Magic Johnson. O Larry Bird e sua maestà Jabbar, fino a Michael Jordan. Basta però il ricorso al video sistematico perché le partite diventano una noia, una sofferenza. Giudizio che non cambia di una virgola, dopo aver visto una Virtus per certi versi eroica – quattro gli assenti, Shengelia, Clyburn, Zizic e pure Tucker – piegare il Baskonia. Partita piacevole per le difese e il carattere. Fino a quando i fischietti, incerti, cominciano a rivedere fino alla noia azioni su azioni. Le decisioni vanno prese, si sbagliano o meno (sempre in buona fede). Ma si prendono. Diversamente anche il mestiere dell’arbitro viene cancellato, quasi umiliato dalla tecnologia. Scelte discutibili, dicevamo. Dan Peterson, che proprio ieri ha compiuto 89 anni, diceva che il fischietto più bravo è quello che non si vede. Che a fine partita non ti ricordi nemmeno chi fosse. Ecco, all’uscita dalla Segafredo Arena, o davanti alla tivù, gli arbitri si sono notati. Fin troppo. Magari, fermo restando che non si mette in discussione la loro buona fede, nelle riunione prima della stagione ricordare loro – ai fischietti – che i protagonisti sono quelli con i pantaloncini corti. La gente paga (al palazzetto oppure l'abbonamento tivù) per vedere le partite. E i protagonisti..
EditorialeVirtus da applausi, ma gli arbitri: che strazio