Elezioni Emilia Romagna 2020, sfida finale. Il ritorno del partito del voto

Bonaccini-Borgonzoni, il giorno del giudizio. La prima vittoria sarà l'affluenza

Lucia Borgonzoni (centrodestra) e Stefano Bonaccini (centrosinistra)

Lucia Borgonzoni (centrodestra) e Stefano Bonaccini (centrosinistra)

Bologna, 26 gennaio 2020 - Cinque anni e qualche mese fa vinse il partito del non voto. La percentuale, tombale, raccontava di una disaffezione che si faceva antipolitica e poi disinteresse: dopo quel 37%, sull’onda delle spese pazze in Regione, dell’inchiesta sul governatore Vasco Errani (assolto in via definitiva dopo l’Appello-bis) e di un Partito Democratico in calo dal risultato-faro delle Europee, è cambiato il mondo, il nostro mondo. Dal ballottaggio per il Merola-bis, con Lucia Borgonzoni (toh) a insidiare il primo cittadino uscente, alle Politiche 2018 del governo gialloverde fino agli ultimi passaggi con la deflagrazione dell’esecutivo del cambiamento e il compromesso storico anti-Lega.

L'editoriale Emilia Romagna, le elezioni più incerte di Michele Brambilla Si arriva così anche qui, nel fortino rosso d’Italia, alla prima vera elezione della storia repubblicana contendibile per il centrodestra. Stefano Bonaccini, governatore uscente, contro Lucia Borgonzoni. E questa contendibilità, quella che per alcuni è voglia di ‘cambiare’ e, con una parola da alcuni criticata su cui ragioneremo in seguito, ‘liberare’, per altri, sulla barricata opposta, è invece ‘orgoglio‘, ‘rispetto’, ‘tradizione’, affermazione di un’identità che nella vita socio-culturale del Paese ha avuto l’impatto di un meteorite. Il sistema Emilia-Romagna, da anni in via di ridefinizione (pensiamo al rapporto con le coop, allo smarrimento dai poteri tradizionali, al distaccamento dall’estrema sinistra e l’approdo, nell’alveo Pd, del centrismo e del civismo amministrativo), è il vero protagonista di questa elezione. E il vero, grande successo generato da questa ‘contendibilità’ sarà il ritorno al voto dei cittadini, prima dimostrazione della vivacità politico-sociale di un’area. Occhio all’affluenza, dunque: gli osservatori ragionano che numeri alti (vicini al 70%) darebbero quasi certamente il successo alla coalizione di centrodestra. Dalle Sardine che hanno dato la scossa alla sinstra riempiendo piazza Maggiore alla citofonata di Salvini al Pilastro al caso Jolanda di Savoia, dal pasticcio del consiglio comunale ferrarese alle gaffe geografiche, dall’intervista di Sinisa Mihajlovic al Carlino con l’endorsement a Salvini e a Borgonzoni alla politicamente coraggiosa decisione del governatore uscente di riaprire i punti nascita, quali sono i momenti che hanno definito la campagna elettorale dei due candidati principali? Per Stefano Bonaccini, che con una grazia d’altri tempi ha porto al mister del Bologna le migliori frasi possibili ("Sinisa scelga chi vuole, io continuerò a fare il tifo per lui affinché vinca la partita più importante"), è sicuramente quello finale, a Marzabotto, al sacrario dei caduti: "Stefano Bonaccini, vivo a Campogalliano in via Bonaccini, vittima della follia nazifascista", diceva il candidato del centrosinistra durante la prova audio in Rai, alla registrazione dell’ultima tribuna elettorale. Negli occhi un dolore, un impegno vero. Poche ore dopo, sulle colline del sangue e della Resistenza, le lacrime sincere e la voglia di dire che "no, la Liberazione è altro rispetto a quanto dicono i miei avversari". Il momento più intimo e toccante dell’uomo-Bonaccini, spesso sovrastato in composta durezza (e pare incredibile dirlo, visto che siamo nel filone dei pregi) dalla competenza, dai numeri snocciolati come un mantra, dai progetti e dalle delibere licenziate in cinque anni, enunciate non con aria professorale, ma con la statura del vero amministratore. Per Lucia Borgonzoni, invece, l’ultima parte di campagna è stata quella della risalita. E per chi conosce il suo temperamento forte, caparbio, la sua passione a volte senza sconti, il momento definitivo è stato quello della trasformazione dei fischi finali al dibattito in Cna in un’arma a proprio favore: Lucia ha dimostrato da una contestazione, che aveva il sapore della premeditazione, non solo di saper reggere benissimo le tensioni (pensate alla sua voce calma, lo sguardo fisso e mai nervoso), ma di avere una consapevolezza e una freschezza comunicativa maturate nell’esperienza romana. E poi il sorriso: nell’epoca dei social, della società fluida, del digitalismo spesso più forte della voglia di essere informati, comunicare al meglio è fondamentale per un politico. E Lucia ha saputo raccontarsi e raccontare. Infine, l’anomalia, cioè Matteo Salvini. La campagna del centrodestra ha avuto un doppio binario: Salvini nelle piazze e Borgonzoni più istituzionale. Quella del centrosinistra ha visto Bonaccini in giro per l’Emilia-Romagna come una trottola, spesso solo: un vero tour de force anche fisico. Un valore anche nazionale, da una parte; un senso più amministrativo, dall’altra. Un nodo gordiano: attenzione ai risultati di Reggio Emilia e della Romagna, saranno decisivi.