VALERIO FRANZONI
Emilia Romagna

Berco, nuova bufera sul lavoro: "Sciopero. E stop ai licenziamenti"

La sfida dell’azienda: "A casa in 247". La Regione scrive al Governo. Domani serrata, giovedì summit a Roma

Al lavoro nello stabilimento Berco di Ferrara, da mesi al centro di polemiche

Al lavoro nello stabilimento Berco di Ferrara, da mesi al centro di polemiche

COPPARO (Ferrara) È alta la tensione alla Berco di Copparo, nel Ferrarese. Venerdì sera i vertici aziendali hanno comunicato l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per 247 dipendenti dello stabilimento, dopo l’avvenuta uscita con mobilità volontaria incentivata di 153 lavoratori al 16 gennaio scorso. Questo, a pochi giorni dalla comunicazione della disdetta del Contratto integrativo aziendale a decorrere dal primo marzo che aveva già prodotto la mobilitazione, con scioperi e presidi dinanzi alle portinerie, proclamato dalle Rsu su mandato delle maestranze.

Un nuovo, difficile capitolo si è aggiunto alla complessa vertenza avviata lo scorso 17 ottobre, quando il management aziendale del Gruppo Berco, che fa capo alla multinazionale tedesca Thyssenkrupp, aveva comunicato l’apertura dei licenziamenti collettivi per 480 dipendenti (sui circa 1.200 occupati) dello stabilimento copparese e la disdetta dell’integrativo, per fronteggiare una crisi determinata da una pesante perdita di fatturato prodotta nei territori interessati dalle guerre e dall’incremento di energia e delle materie prime. Misure che per i vertici di Berco sono necessarie a garantire la sostenibilità a lungo termine dell’azienda e la sua permanenza in Italia.

Al contrario, questi atti unilaterali sono ritenuti, oggi come allora, inaccettabili dai sindacati, per i quali è indispensabile un confronto per valutare soluzioni alla crisi che contemplino la salvaguardia dell’occupazione, del salario dei lavoratori (facendo anche ricorso agli ammortizzatori sociali disponibili) e possano garantire una prospettiva alla storica azienda, specializzata nella produzione di sottocarri per macchine movimento terra. L’atto unilaterale di venerdì scorso è stata la "goccia che ha fatto traboccare il vaso": per questo, sono state proclamate per domani 8 ore di sciopero, con presidio alle portinerie dello stabilimento. E non sarà presumibilmente l’ultima iniziativa di mobilitazione, nel tentativo di chiedere il ritiro dei due atti e avviare un confronto.

Sulla vertenza, dal 5 novembre scorso è stato aperto un tavolo istituzionale al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, dove è programmato un nuovo appuntamento giovedì 13 febbraio. Per questo l’assessore regionale al Lavoro Giovanni Paglia ha inviato una lettera al ministro Adolfo Urso per chiedere il coinvolgimento immediato e diretto della proprietà, "ovvero la multinazionale tedesca ThyssenKrupp, nella discussione in atto, perché essa sola può fare chiarezza sugli obiettivi di medio e lungo periodo".

Paglia ritiene necessario che il ministro si attivi con il management aziendale per chiedere il ritiro degli ultimi provvedimenti, "rispettando il suo ruolo e quello delle istituzioni nel loro complesso, che non possono essere messe di fronte a fatti compiuti mentre si sono fatte garanti di un percorso di gestione ordinata della crisi". Il coinvolgimento di Thyssenkrupp è ritenuto indispensabile anche dai sindacati "per riportare equilibrio nella gestione di una crisi che ha visto le organizzazioni sindacali e i lavoratori, come sempre nelle situazioni di crisi aziendale, pronti a fare quanto in loro disponibilità per salvare i posti di lavoro".