Caporalato in Emilia Romagna, 3 arresti e perquisite 25 aziende

Interessate le province di Ferrara e Ravenna insieme ad altre 3 del Veneto: Rovigo, Padova e Venezia

La conferenza stampa dei Carabinieri dopo gli arresti di Portomaggiore

La conferenza stampa dei Carabinieri dopo gli arresti di Portomaggiore

Ferrara, 8 aprile 2022 -  I militari Compagnia Carabinieri di Portomaggiore (Ferrara) insieme al Gruppo Carabinieri di Venezia, hanno proceduto all'arresto di 3 cittadini pachistani domiciliati nel portuense, per i reati in concorso tra loro, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro aggravata, ovvero caporalato, rissa e calunnia. I luoghi interessati sono stati Portomaggiore e varie località nelle province di FerraraRavenna, Rovigo, Padova Venezia

I tre avrebbero reclutato manodopera per destinarla al lavoro presso terzi, in condizione di sfruttamento, violenza e minacce, approfittando dello stato di bisogno delle vittime. Le indagini hanno permesso di documentare il reclutamento illecito di oltre 100 lavoratori, impiegati in più circostanze da 18 aziende agricole. 

Nello stesso contesto, sono stati sequestrati i beni degli arrestati, per un valore di 80.000 euro (due appartamenti, due conti correnti, dieci autoveicoli utilizzati per il reclutamento e il trasporto dei lavoratori, varie carte credito prepagate utilizzate per i pagamenti irregolari). Denunciati alla Procura di Ferrara e sottoposti a perquisizione personale e locale 23 imprenditori e relative società agricole a cui viene contestato di aver utilizzato, assunto e impiegato manodopera attraverso intermediazione illecita, sottoponendo poi i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. 

Il sistema

Si faceva ricorso ad ogni genere di intimidazione, oltre alla violazione della normativa sulla sicurezza e i diritti dei lavoratori. Il sistema prevedeva che gli imprenditori agricoli fossero perfettamente a conoscenza della procedura illecita e quotidianamente si accordavano con le controparti per il reclutamento delle unità di lavoratori di cui necessitavano. I contatti venivano tenuti solo con i sodali a cui effettuavano i pagamenti, non conoscendo di persona gli operai, che potevano essere sostituiti di giorno in giorno.

Anche nei pochi casi in cui venivano formalizzati i contratti, tutto veniva gestito sempre dal sodalizio con l'imprenditore, che da un lato effettuava il bonifico sull'Iban fornito dagli arrestati e dall'altro consegnava danaro contante ''in nero''.

Si evidenza che, a seguito delle nuove normative, la pena prevista per lo sfruttamento della manodopera è stata fissata ad un massimo di 8 anni, estesa non solo per chi recluta ma anche per l'impresa agricola che impiega manodopera irregolare.