EVA SALDARI
Cronaca

Violenza sulle donne, i dati dell'Emilia Romagna. Raddoppiano le richieste d'aiuto

La piaga culturale dei maltrattamenti domestici spiegata con i numeri delle richieste ai Centri antiviolenza. I dati non sono rassicuranti

Violenza sulle donne in Emilia Romagna: i dati

Violenza sulle donne in Emilia Romagna: i dati

Bologna, 24 novembre 2021 - Più fragili e isolate. Più esposte alla violenza specialmente in ambito familiare e, allo stesso tempo più in difficoltà nell’accedere ai servizi presenti sul territorio a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. Una pandemia che continua a pesare sulle donne e anche per questo occorre non abbassare la guardia.

Più complicato dunque recarsi fisicamente ai centri, che comunque hanno continuato a garantire i propri servizi, attraverso strumenti nuovi come app, social network e profili anonimi per avvicinarsi con discrezione e delicatezza. Lo conferma il Rapporto 2021 dell’Osservatorio regionale sulla violenza di genere presentato oggi nella sede della Regione Emilia Romagna in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne.

Conferenza stampa su i dati del Rapporto 2021 sulla violenza di genere
Conferenza stampa su i dati del Rapporto 2021 sulla violenza di genere

Se da un lato cala il numero delle donne che nel 2020 ha preso contatto con un Centro antiviolenza: 4.614 nel 2020, contro le 5.662 del 2019 (- 18,5%); dall’altro aumenta quello delle chiamate al numero verde antiviolenza 1522: 1.606 contro le 1.125 del 2019 (+43%). Un dato quest’ultimo che di fatto raddoppia, considerando solo le telefonate da parte di vittime di violenza e stalking: 913 rispetto alle 491 dell’anno precedente (+86%).

E le prime anticipazioni relative all’anno in corso confermano il trend in crescita: 520 telefonate da vittime di violenza o stalking nel primo semestre 2021 contro le 462 dello stesso periodo del 2020 (+13%). E +107% rispetto al 2019.

Una fotografia che è stata fornita oggi a Bologna dall’assessora regionale alle Pari Opportunità Barbara Lori e dalla presidente dell’Assemblea legislativa Emma Petitti. “I femminicidi che hanno segnato questi ultimi giorni ci hanno sconvolti, ma il dolore non basta. La Regione conferma e rafforza il proprio impegno con azioni concrete per combattere la violenza contro le donne – afferma l’assessora Lori-. Per sostenerle non solo nel momento della paura, ma anche in quello della ripresa. Tutto attraverso percorsi condivisi e strumenti nuovi. Come quelli tecnologici che hanno permesso alle vittime vie alternative per chiedere aiuto durante una pandemia che ha pesato soprattutto su di loro. Proprio recentemente abbiamo approvato il Piano Triennale per il contrasto alla violenza di genere, costruito in collaborazione con una rete solida e diffusa che vede tra i protagonisti centri antiviolenza e case rifugio, enti locali, forze dell’ordine e servizi regionali. Sono avviati 125 progetti nell’ambito dei due bandi promossi dall’Assessorato per la diffusione della cultura di genere anche a partire dalle scuole e del mondo del lavoro. Proprio partendo dai giovani abbiamo pensato a una campagna contro la violenza che possa parlare a tutti, per riconoscere le forme di violenza. Tutto questo per una presa di coscienza collettiva, primo passo essenziale per un cambiamento necessario”.

“Per aiutare e sostenere le donne vittime di violenza, a fronte di un fenomeno che continua a dilagare, il nostro impegno come Regione deve essere quello di continuare a investire sulla nostra rete territoriale di ascolto e accoglienza - ha sottolineato la presidente dell’Assemblea legislativa Emma Petitti -. Informazione, sensibilizzazione e prevenzione sono aspetti sui quali riprendere al più presto il filo, tenendo conto delle difficoltà generate dalla pandemia. Da qui dobbiamo ripartire: affrontare le criticità come una sfida, ripensare attività e modalità di interazione, potenziare la comunicazione. Ringrazio il personale delle strutture dedicate per tutto il supporto che hanno continuato a garantire anche in una fase delicata come quella dell’emergenza sanitaria. È grazie a loro se la nostra rete territoriale continua a funzionare e a confermarsi un’eccellenza. Fondamentale anche il lavoro dell’Osservatorio che ogni anno ci fornisce un quadro attento e puntuale sull’evolversi del fenomeno, indicandoci così come adeguare e perfezionare i nostri interventi”.

E domani, 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza alle donne, per non dimenticare le tante vittime di femminicidio, Lori e Petitti inaugureranno alle ore 13 presso il Giardino geologico Sandra Forni a Bologna (viale della Fiera 8) una panchina rossa, opera del writer e pittore bolognese Angelo Casieri.

Anche gli altri dati del Rapporto - da quelli di accesso al Pronto soccorso, a quelli sugli ingressi nei Centri antiviolenza e nelle Case rifugio, tutti in flessione nel 2020 rispetto al 2019 - confermano la condizione di solitudine vissuta da molte donne nei mesi più duri della pandemia e la conseguente impossibilità di accedere ad un percorso di aiuto. In controtendenza - ma con una spiegazione che può essere rintracciata nei possibili sconti di pena previsti dalla cosiddetta legge “Codice Rosso” (la n. 69/2019 sulla violenza domestica e di genere) - i dati sugli uomini maltrattanti: 409 quelli che sono stati seguiti in uno dei 16 Centri attivi in Emilia-Romagna: + 10,5% rispetto al 2019.

Alla conferenza stampa hanno partecipato anche Cristina Magnani, del Coordinamento Centri Antiviolenza, e Giovanna Casciola coordinatrice area antiviolenza e differenze di genere dell’Associazione MondoDonna onlus. Raccontano il "silenzio assordante", quello del lockdown che ha costretto le donne a coabitare con il proprio maltrattante. La loro testimonianza parte dall'esperienza sul campo e dai racconti delle operatrici. "È un dato significativo - spiega Magnani - che le donne chiedessero accoglienza. Importante anche l'aspetto del contatto visivo che è venuto a mancare: talvolta la voce al telefono non basta". In pandemia, spiega, "si è fermato lo stalking, ma sono aumentati i maltrattamenti nelle mura di casa. La sottosvalutazione della donna è alla base di questo fenomeno".  "I dati si fermano al 31 ottobre 2021, ma sappiamo bene cosa è successo dopo - si riferisce ai cinque femminicidi consumati in Emilia Romagna nel mese di novembre (ndr.) -. È bene che le donne non smettano di avere fiducia nel sistema. Il compito delle istituzioni è evitare che si perda la speranza. La progressione criminale porta i maltrattanti a sentirsi forti. Bisogna intervenire in maniera sistematica, è quindi necessario che ci siano fondi appropriati. Le donne che potranno essere soddisfatte dal 'reddito di libertà' - un'iniziativa governativa per garantire autonomia abitativa ed economica, sul tavolo di lavoro con le regioni - sono circa 600, nonostante si stima siano 50.000 le aventi diritto: un fatto che mina la fiducia della donna nelle istituzioni e genera frustazione". 

Gli accessi ai Centri antiviolenza e Case Rifugio

 Pur nella difficoltà della pandemia, i centri presenti sul territorio hanno continuato a operare. La conferma arriva dai 4.614 contatti ricevuti e dal numero di donne che sono state accolte in uno dei 22 Centri antiviolenza presenti in Emilia-Romagna: 2.335 nel 2020 contro le 2.724 nel 2019 (- 14,3%). A ulteriore conferma che centri e case rifugio rimangono interlocutori privilegiati per le vittime.

Una situazione analoga per le 44 Case Rifugio che l’anno passato hanno potuto ospitare 301 donne contro le 351 del 2019 (- 14% ). In calo anche il numero dei figli accolti: 336 contro i 384 del 2019 (-12,5%).

Il telefono è dunque stato, in molti casi, il modo più diretto per stabilire un contatto con il mondo esterno. 

"Durante l'emergenza ci siamo trovate a riprogettare il nostro lavoro, consapevoli che la coabitazione forzata avrebbe complessificato le cose. La prossimità è importante è fondamentale aprire spazi sul territorio per far sì che anche le donne nelle zone più isolate possano averne accesso. - spiega la coordinatrice Giovanna Casciola - Abbiamo in particolare notato che vecchie richieste (del 2019) si riproponevano, quindi una regressione del percorso per l'autonomia. Occorrono fondi per garantire il diritto all'abitare. È difficile trovare casa e lavoro. Senza gli elementi di welfare necessari, le donne continueranno ad avere difficoltà ad emanciparsi dalla violenza. Di pari passo, - aggiunge - occorre lavorare sull'aspetto culturale: ancora troppi gli uomini che credono che l'uso della violenza sia un diritto. Alla base di questo pensiero c'è un retaggio culturale secondo cui l'esercizio della violenza sulla donna sia correttivo". 

Le telefonate al 1522

I dati mostrano una tendenza alla crescita delle chiamate al numero verde anti violenza gratuito e attivo 24 ore su 24. Anche nel 2021, al netto del picco di massima richiesta rilevato durante il secondo trimestre 2020: nei primi sei mesi di quest’anno le chiamate al 1522 sono state 802 che, seppur inferiori alle 978 del primo semestre 2020 (-18%), crescono del +42% rispetto alle 564 dei primi sei mesi del 2019. Tra queste, 659 sono stati primi contatti (-21% rispetto al primo semestre 2020, +53% rispetto al 2019) e appunto 520 le chiamate da vittime di violenza o stalking (+13% rispetto al primo semestre 2020, +107% rispetto al 2019).

Gli accessi al pronto soccorso

Nel 2020 sono state 3.081 le donne con almeno un accesso al Pronto soccorso per potenziale causa violenta (4.372 nel 2019, - 30%).

Allargando lo sguardo, nel triennio 2018-2020 sono state 1.919 le donne il cui ricorso ai Servizi di emergenza-urgenza si è concluso con una diagnosi di violenza. Ma se nel periodo 2018-2019 si osservavano circa 60 accessi al mese con diagnosi di violenza, nel 2020 la media è scesa a 40. Un andamento chiaramente influenzato dai picchi pandemici, con un minimo di 17 diagnosi di violenza nel mese di aprile e una ripresa (48) nel mese di maggio.

Da evidenziare come le donne con almeno una diagnosi di violenza si siano recate al Ps in media quattro volte nel triennio contro le due della popolazione femminile considerata nel suo complesso.

I dati per provincia

Anche a livello provinciale si è registrata nel 2020 una diminuzione delle donne che hanno preso contatto con un Centro antiviolenza. Le riduzioni più marcate - a fronte di un -18,5% a livello regionale - si sono evidenziate in provincia di Bologna dove sono in funzione 6 Centri antiviolenza (-33%), in provincia di Piacenza (1 Centro antiviolenza, - 21,3%) e in quella di Ferrara (1 Cav, - 11,2%). In controtendenza la provincia di Parma (1 Centro): + 6,6%. Tra 2019 e 2020 il numero dei Centri antiviolenza in Emilia-Romagna è passato da 21 a 22 grazie a una nuova struttura aperta in provincia di Rimini. Analogamente per quanto riguarda le donne accolte in una Casa rifugio, con punte del – 37% in provincia di Parma (4 Case rifugio), -29,4% a Piacenza (2 Case rifugio), - 23,1% a Modena (5 Case rifugio), a fronte di un calo medio regionale del 14,2%. In crescita solo le province di Ferrara (2 Case rifugio) e Rimini (6 Case rifugio), rispettivamente + 5,3% e +3,1%. Nel 2020 il numero delle Case rifugio in Emilia-Romagna è di 44 contro le 41 del 2019, grazie a due nuove aperture a Bologna e una a Rimini.

L'impegno della regione Emilia Romagna

Contrasto alla violenza e alle discriminazioni di genere; promozione delle opportunità lavorative e dei percorsi di carriera; sostegno ai progetti di welfare. Un impegno da parte della Regione che nel triennio 2017-2020 si è tradotto in oltre 10 milioni di euro (ripartiti al 50% tra finanziamenti regionali e statali), per sostenere iniziative sul territorio.

In particolare 3,8 milioni sono andati a sostenere il funzionamento dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio; 600mila euro all’istituzione di nuovi centri, case e sportelli; 640mila euro hanno permesso di sostenere 16 progetti per la prima annualità del bando per l’autonomia abitativa. E ancora: oltre 4 milioni di euro hanno permesso di avviare 211 progetti di promozione della cultura della parità tra la cittadinanza a partire dalle nuove generazioni e migliorare la presa in carico delle donne vittime di violenza. Mentre 1 milione di euro ha finanziato 42 progetti per favorire l’accesso al lavoro.