L’appello di Ferrari (Confindustria): "Infrastrutture e giovani, fare di più"

Il presidente tra il bilancio di questi anni e le nuove sfide: il 27 aprile l’associazione compie mezzo secolo

Pietro Ferrari, 67 anni, modenese, dal 2017 presidente di Confindustria Emilia-Romagna

Pietro Ferrari, 67 anni, modenese, dal 2017 presidente di Confindustria Emilia-Romagna

Bologna, 22 aprile 2022 - La certezza che qui, in Emilia-Romagna, l’export abbia tenuto in modo rilevante. Dando ossigeno a tutti. E che in questi anni – sfumati dalla crisi economica "peggiore dal 1929" al Covid e alle speranze di ripresa funestati infine da caro energia e guerra ucraina – la capacità degli imprenditori di rigenerarsi e delle istituzioni di dare risposte rapide sia stata una toppa a un periodo nerissimo. Ma per Pietro Ferrari, presidente in uscita di Confindustria regionale che il 27 aprile festeggia 50 anni, c’è ancora molto da fare. "Soprattutto sul fronte delle infrastrutture".

Partiamo da qui, presidente.

"Non tutte le Regioni hanno capacità di dialogo come c’è in Emilia-Romagna, ma anche da noi il Paese del No prevale su quello del sì: fare industria senza sistemi di logistica e infrastrutturali efficaci è complesso".

Sarebbe a dire?

"Ho seguito la discussione sul Passante di Bologna: bene che ci sia, ma certamente è una mediazione. Non è la soluzione migliore. La Cispadana? Non è stata ancora accantierata. Modena -Sassuolo? Dal ’66 esiste il problema. Se crediamo di essere un Paese con una desinenza industriale, bisogna mettere le aziende in competizione con l’Europa, non con Milano o la Toscana. Ecco perché se già il tema delle infrastrutture è debole, la situazione peggiora ulteriormente se parliamo di quello ambientale: non si fanno investimenti sostanziosi. Penso alle trivelle, ma anche ai digestori o ai sistemi per il biometano. Tutto rischia di diventare complicato".

Il suo mandato ha attraversato molte crisi. Come lo sintetizzerebbe?

"Nel 2017 il vero problema era la crescita complessiva. La crescita è stata modesta nel 2018-2019, poi è arrivato il Covid. Gli imprenditori, sapendo che ci sarebbe stata una ripresa, hanno rivisto e riorganizzato il lavoro, compresi piani industriali e progetti. Poi ecco l’Europa che ha dato una spinta morale e aspettative molto forti, che oggi come oggi stanno diventando flebili e meno interessanti. Dunque: poca crescita, Covid, la speranza Pnrr, poi però il grande tema: la preoccupazioni sull’energia".

Un algoritmo?

"Energia più guerra uguale devastazione per l’economia".

Spiragli?

"Le filiere durante il Covid si sono un po’ spezzate, immancabilmente. C’è scarsità di alcune produzioni, sommata a bollette a volte più che triplicate, con un Governo che anche in questa fase ha una composizione politica complessa e all’orizzonte ci sono le Politiche".

Quindi?

"È difficile decidere le cose importanti. Le riforme chiave, dalla giustizia alla pubblica amministrazione, di fatto sono quasi ferme o di poca entità per il cambiamento che, invece, si vorrebbe".

Poi resta il tema burocrazia.

"Un problema di tutti i paesi occidentali, non solo dell’Italia. Certamente una delle novità del Pnrr riguarda i grandi investimenti nei sistemi informatici della pubblica amministrazione. Questo deve essere un elemento che nell’insieme porti anche allo snellimento delle pratiche, pur in quadri di giurisprudenza amministrativa complessi".

La sensazione è che siano state le imprese a muovere il fango. A dare speranza.

"Nel 2009-2010, mentre tutto il mondo e l’Italia era in crisi, da noi le imprese hanno rivisto i loro processi, sia per innovazione che per organizzazione: questo ha portato a un miglioramento delle performance e alla conquista di mercati internazionali che sono stati elemento di tenuta base anche durante il Covid. E le grandi imprese hanno trascinato quelle piccole-medie. Ma ora dobbiamo resistere, in quello che probabilmente è il peggiore momento dall’inizio del mio mandato".

Confindustria Emilia-Romagna compie 50 anni: qual è stato l’apporto principale alla società?

"Nel 1972, quando la Costituzione ha dato un ruolo alle Regioni anche legislativo, c’era la necessità per gli imprenditori di avere una relazione stretta. I primi anni sono stati particolarmente complessi: l’intraprendere e la figura dell’imprenditore non erano così considerate, anche per l’ideologia politica prevalente. In 50 anni, però, questi percorsi sono cambiati, i valori riassestati: lo scambio fra una buona impresa e una buona Regione sta mettendo l’Emilia-Romagna in una condizione di vantaggio rispetto ad altre zone. Ora però abbiamo due sfide grandi".

Quali sarebbero?

"Una ricerca fatta con Prometeia ci dice che l’Emilia-Romagna ha due punti deboli: da una parte la demografia, ci sono pochi giovani; dall’altra il fatto che molti giovani sono di altre nazionalità, dunque bisogna capire come mettere queste figure in condizione di potere esere formate in modo efficace".