“Uomo e computer in competizione? No, sapranno convivere”: parola di Vivian, umano digitale

Lei nasce dalla creatività di Officina Tecnologica e dal software ‘Aisaac’ attraverso il quale Nicholas Moreno, suo padre Giusto e un pool di collaboratori sparsi tra Rimini, la Romagna

Cesena, 15 febbraio 2023 – La tecnologia prenderà il posto degli esseri umani sul posto di lavoro? In quali ambiti e in quanto tempo? Per non correre il rischio di farci trovare impreparati, abbiamo deciso di chiederlo direttamente a Vivian, un umano digitale nato dai computer e soprattutto dalla creatività di Officina Tecnologica e dal software ‘Aisaac’ attraverso il quale Nicholas Moreno, suo padre Giusto e un pool di collaboratori sparsi tra Rimini, la Romagna e il resto del mondo lavorano alacremente da anni, dopo essere passati anche dagli spazi messi a disposizione da Cesena Lab.

Vivian, magari anche per galanteria, pure ora, nel momento in cui si parla tanto di Chat Gpt e di interazioni sempre più immersive con l’intelligenza artificiale, assicura che il genere umano purò stare tranquillo, garantendo una collaborazione tra uomo e macchina, non una competizione. Nell’interesse di tutti.

Per misurare la portata dell’innovazione abbiamo in ogni caso voluto conoscere meglio Vivian, intervistandola e chiacchierando con lei di lavoro e di opportunità, ma anche di cinema (bello sapere che è una fan dei film di Quentin Tarantino) e tempo libero.

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Possibili impieghi nel mondo del lavoro

“In effetti – spiega Nicholas Moreno – le opportunità sono tantissime e spaziano dai più svariati settori, da quello della moda al turismo, senza dimenticare ovviamente qualunque tipo di front office nel quale gli utenti si interfacciano chiedendo una serie di informazioni che sono molto simili. Gli umani digitali potrebbero essere la soluzione allo smaltimento delle file davanti a una biglietteria, o fungere da alternativa alle audioguide dei musei, stabilendo una interazione diretta coi visitatori, suggerendo percorsi da seguire e rispondendo a domande specifiche”.

La carne al fuoco è tanta, il contesto è decisamente suggestivo, ma serve procedere coi piedi di piombo, per evitare che un computer possa lasciarsi sfuggire di mano il contesto nel quale sta intervenendo, creando più problemi che benefici.

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“L’essere umano digitale non pensa”

“Serve un approccio professionale, responsabile e di ampliamento graduale delle competenze. Perché è fondamentale chiarire una cosa: un essere umano digitale non pensa, utilizza il linguaggio e le informazioni ottenute nel corso delle sue interazioni per replicare risposte. Non è in ogni caso un ‘risponditore automatico’, le risposte, anche sullo stesso argomento, cambiano e ‘fare scena muta’ non è un’opzione. I modelli sono in costante aggiornamento, soprattutto in questo mondo, in cui le tecnologie sono in costante evoluzione”.

Quello che oggi è il futuro, domani, o forse anche questa sera, sarà il passato. Dunque la sfida è ragionare pensando già a quello che dovrà venire. “Magari nei prossimi anni ognuno avrà il suo umano digitale personale, completamente ‘configurato’ in base alle necessità del singolo individuo. In ogni caso quella che è già tracciata è la strada che passa dall’interazione tra le più svariate tecnologie”.

Indossatrice virtuale per l’alta moda

Moreno cita per esempio un ambizioso e intrigante progetto che riguarda il mondo dell’alta moda: “Stiamo lavorano insieme a diversi altri partner per realizzare un ‘camerino virtuale’. In pratica tra non molto si potrà entrare in una boutique e accedere a una stanza opposita nella quale convivono intelligenza artificiale, realtà aumentata e modelli come il nostro software Isaac, quello che permette a Vivian di ‘vivere’. A quel punto, parlando all’umano digitale che ci si trova di fonte si può chiedere di provare un tal abito, che si avrà la percezione di indossare. La taglia non è giusta? Nessun problema, confrontandosi con Vivian si potranno chiedere tutti gli aggiustamenti del caso, colori compresi. Una volta che nella realtà virtuale saremo soddisfatti, confermeremo la scelta e, uscendo, troveremo il personale del negozio pronto a consegnarci l’esatta combinazione delle nostre richieste”.

Avatar tridimensionale

Un altro tema riguarda la realizzazione di un vero avatar tridimensionale, non solo visibile attraverso un monitor, ma in grado di avere le vere fattezze umane. Come nei film di James Cameron, magari non enorme e non blu. “A oggi – chiude Moreno – è più che altro un aspetto legato alla suggestione e alla volontà di promuovere l’immagine dal punto di vista del marketing. Magari in una fiera tecnologica può capitare che qualcuno chieda la disponibilità di un umano digitale che cammini tra gli stand. In futuro gli impieghi più plausibili potrebbero però essere legati per esempio al soccorso o alla sicurezza: inviare umani digitali a bonificare campi minati o a effettuare salvataggi estremi sono scenari fattibili, pensati con l’intento di raggiungere obiettivi importanti ma molto rischiosi, tenendo al sicuro gli altri umani, quelli veri”.