DANIELE PETRONE
Emilia Romagna

Ex Fiera Reggio, nessun piano B: "Senza la maison addio recupero"

Proprietà e Comune dopo l’addio improvviso di Max Mara al Polo della Moda. Lavoratrici dal sindaco

Proprietà e Comune dopo l’addio improvviso di Max Mara al Polo della Moda. Lavoratrici dal sindaco

Proprietà e Comune dopo l’addio improvviso di Max Mara al Polo della Moda. Lavoratrici dal sindaco

L’improvvisa ritirata del fashion group Max Mara dall’investimento per realizzare il ‘Polo della Moda’ a Reggio Emilia, lascia la cenere sull’area dove sarebbe dovuto sorgere. Ossia l’ex Fiera, luogo ritenuto strategico per l’espansione della città nella zona fra la stazione alta velocità Mediopadana, l’autostrada, gli insediamenti industriali e lo stadio. Un voltaspalle arrivato nel giorno del rogito e con una convenzione urbanistica già impacchettata, che avrebbe dato il via ad un’opera da oltre 100 milioni di euro e che prevedeva 300 nuove assunzioni.

Tutti spiazzati. In primis il Comune che si è sentito tradito sul progetto di riqualificazione dei vecchi padiglioni fieristici rilevati nel 2019 all’asta dall’attuale proprietario, l’imprenditore modenese Giorgio Bosi (patron della PiBiPlast, azienda di Correggio, leader nel packaging del settore cosmesi). Quest’ultimo, per bocca del suo commercialista Giulio Morandi, fa sapere di essere "dispiaciuto per una rottura che non dipende da noi" e che ora punta a creare hype sul terreno da vendere, in assenza di un piano B. "Ora valuteremo altre proposte di interessati, ma – ammonisce – i progetti siano volti alla valorizzazione della città. Agiremo sempre in sintonia con l’Amministrazione".

E per spazzare via le ombre gettate dalle opposizioni di centrodestra – che si fregano le mani sparando sulla gestione del municipio a matrice Pd – su possibili speculazioni da parte di Bosi nell’eventuale rivendita di una superficie già inserita in uno schema di convenzione comunale, l’assessore all’urbanistica Carlo Pasini (foto) avverte: "Il piano attuativo era legato solo ai Maramotti, specificatamente per il ‘Polo della Moda’. Qualora non venisse concretizzato, sarebbe di fatto nullo. E chiunque abbia l’intenzione di acquisire l’area, dovrà passare dal Comune e ripercorrere da capo un iter costruito ad hoc a seconda del progetto". Insomma, tutto da rifare.

Lo strappo tra Max Mara e il Comune risale ad una settimana fa quando il sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari ha incontrato una delegazione di dipendenti delle Manifatture San Maurizio (azienda controllata dalla maison di moda) che aveva scioperato, col supporto della Cgil, denunciando le condizioni oppressive di lavoro in fabbrica: "Ci trattano come mucche da mungere".

Da qui il dietrofront dei Maramotti sul maxi progetto, con tanto di attacco frontale al primo cittadino. "Non accettiamo che si leda il nostro marchio", respingendo ogni accusa delle lavoratrici. "La percentuale si aggira tra il 20-25% – ha ammesso lo stesso sindaco – Ho provato a chiamare Maramotti, senza trovare risposta". Ma ieri, Massari un tentativo indiretto lo ha fatto ricevendo una delegazione in nome di 74 lavoratrici ‘dissidenti’ rispetto allo sciopero: "Ci hanno rappresentato condizioni lavorative positive, attente e rispettose dei diritti, assai diverse da quelle illustrate dalle colleghe". Nel mentre, si muove la politica romana coi parlamentari reggiani dem, Andrea Rossi e Ilenia Malavasi che invocano "di abbassare i toni e riprendere il dialogo con buonsenso". Ma l’impressione è che ricucire ora è difficile tanto quanto mettere una toppa ad un capo pregiato della griffe.