Medico di base ai clochard. "È la prima volta in Italia"

Da Piacenza a Rimini: seimila ‘invisibili’ senza casa potranno essere curati. Mumolo, ideatore della legge: "Saranno anche soldi risparmiati per lo Stato"

Il Papa nell’ambulatorio medico per i clochard a San Pietro

Il Papa nell’ambulatorio medico per i clochard a San Pietro

Bologna, 17 luglio 2021 - Antonio Mumolo, lei si occupa di clochard da almeno 30 anni: quali sono i numeri del fenomeno?

"In Italia, gli ultimi dati riguardanti i senza fissa dimora risalgono a un’indagine del 2014: in quel momento erano 50.724. Sono passati sette anni, e una crisi pandemica che si è abbattuta soprattutto sulle fasce più deboli: abbiamo ragione di credere che i numeri siano drammaticamente aumentati. La stima è ora di 60.000 senzatetto: 8 su 10 sono maschi, oltre la metà stranieri. Nella nostra regione, il più recente rapporto Caritas sulle nuove povertà ne conta circa 6.000".

Perché si finisce a dormire su una panchina o sui marciapiedi?

"Ci sono parecchi miti da sfatare sull’argomento".

Per esempio?

"La figura romantica del clochard che ‘sceglie’ di vivere per strada per ripudiare l’idea del progresso o del mondo civilizzato è pura invenzione. Ne ho conosciuti centinaia e mai nessuno mi ha detto di essere felice della propria condizione".

Cos’è accaduto nelle loro vite?

"Una catena di eventi sfortunati che può capitare a chiunque. Un licenziamento improvviso, una causa di divorzio, la sopraggiunta impossibilità di pagare le rate del mutuo o il canone d’affitto. Una volta esauriti gli ammortizzatori sociali, nell’arco di 12 o 24 mesi si passa da uno stile di vita dignitoso al rischio concreto di non avere più un posto per dormire".

Chi perde la casa si ritrova senza residenza e sprovvisto di alcuni diritti fondamentali.

"Non è più iscritto alle liste del servizio sanitario nazionale, non può più ottenere cure specialistiche in ospedale, aprire una partita Iva o firmare un contratto di lavoro. Di fatto, è condannato a essere invisibile".

La sua proposta di legge regionale verte proprio sulla salute come diritto collettivo, non come privilegio individuale.

"La pandemia ci ha lasciato una lezione: se non si curano tutte le persone, a soffrirne è l’intera collettività. Ampliare la platea di coloro che possono curarsi significa, inoltre, razionalizzare l’uso delle risorse pubbliche".

In che senso?

"I costi per il sistema sanitario sono maggiori se gli homeless devono rivolgersi al pronto soccorso, anziché a un medico di base: oggi, ogni singolo accesso al pronto soccorso comporta una spesa per l’erario da 150 a 400 euro, mentre il medico di base grava per meno di 100 euro all’anno a persona. Al costo del pronto soccorso occorre aggiungere quello della degenza ospedaliera: non essendo sotto controllo medico, i senzatetto ricorrono al pronto soccorso quando la malattia è avanzata e necessita di ricovero".

Cosa accadrà se la sua proposta diventerà legge?

"I senzatetto potranno recarsi dai servizi sociali e chiedere il loro supporto per l’iscrizione alle liste Ausl e la scelta del medico di base. Da quel momento potranno affidarsi a un medico di propria fiducia e prenotare esami e visite specialistiche".

Oltre all’approvazione della Commissione Sanità, la proposta ha riscosso un plauso bipartisan. Cosa si aspetta ora?

"Se l’iter si concluderà positivamente, queste persone potranno avere un medico di base già a settembre. Potranno vaccinarsi contro il Covid e curare tempestivamente le proprie patologie. Mi hanno già chiamato colleghi da Piemonte, Toscana, Lazio: l’Emilia-Romagna è la prima regione a garantire questo diritto. Siamo un esempio per il resto del Paese".