Montagna, boom di turisti. I consigli del Soccorso Alpino

Emilia Romagna: Danilo Righi spiega come le vette, con il Covid, siano sold out. E come siano in aumento malori e traumi soprattutto tra gli escursionisti che hanno tra i 50 e i 70 anni

Un salvataggio degli uomini del Soccorso Alpino emiliano-romagnolo

Un salvataggio degli uomini del Soccorso Alpino emiliano-romagnolo

Bologna, 19 agosto 2021 -  La montagna non è una passeggiata. Va chiarito ai tantissimi escursionisti dell’ultim’ora che, nell’era Covid, si sono improvvisati alpinisti esperti. Spesso con risultati disastrosi. A volte tragici. "Molti pensano che un’escursione sui sentieri dell’Appennino sia semplice come una giornata al mare. Ma sbagliano, perché una gita in montagna va preparata, nei minimi dettagli, almeno due giorni prima di partire". Parola di Danilo Righi, addetto stampa del Soccorso Alpino dell’Emilia-Romagna, un’esperienza decennale negli interventi di salvataggio.  

Dottor Righi, quindi il Covid ha cambiato anche il volto dei frequentatori della montagna emiliano-romagnola? "Sicuramente. Nel solo 2020 ab biamo effettuato 500 interventi di soccorso in regione, un dato che dimostra l’aumentata attrattività della montagna come meta turistica. Tutto bene, ma in montagna è necessario arrivare preparati. Improvvisare è pericoloso". Preparati dal punto di vista fisico? "Sicuramente. Non è un caso che negli ultimi mesi la maggior parte dei salvataggi che abbiamo effettuato è relativa a persone colpite da malore. Cardiopatici, diabetici che si mettono in cammino, lungo percorsi che prevedono camminate di ore, senza neppure essersi consultati con il proprio medico prima. Ma al di là di questo, non basta essere in buona salute. È necessario anche avere una preparazione logistica, studiare il percorso nei dettagli, controllare le condizioni meteo prima di partire, munirsi di equipaggiamento adeguato". Cosa è indispensabile avere addosso e nello zaino quando ci si avventura tra i monti? "Partiamo dal basso: in montagna le scarpe da passeggio non vanno bene. Ci vogliono calzature con un grep che possa far presa anche sul bagnato, evitando scivolate, e che avvolgano la caviglia. Quelle più basse vanno bene per gli esperti. Poi non devono mancare felpe e giacche a vento tecniche, cappellini e occhiali per difendersi dal sole, perché in montagna il tempo cambia repentinamente. E ovviamente acqua, perché camminare è faticoso e mezzo litro non basta. Altro elemento la lampada frontale, per far luce al buio. L’errore di tanti che si avventurano in montagna è affidarsi al 100% al cellulare. Il telefonino è utile, ma in montagna oltre alla tecnologia serve la cultura". Ci spieghi. "I cellulari sono necessari per chiedere aiuto. Ma in luoghi dove la linea dati non arriva, la precisione delle mappe Gps può fallare anche di un chilometro e mezzo. Cartine e bussola, invece, non tradiscono mai. Sempre se si sanno leg gere". Quali sono le zone più battute dai turisti dell’Appennino quest’anno? "Basandoci sui soccorsi effet tuati, direi che la Via degli Dei, nel Bolognese, è sold out. E ci impegna molto, tra turisti in bici, a piedi con i cani, anche a cavallo. Poi c’è tutta l’area del parco regionale del Corno alle Scale, da Pianaccio a Madonna dell’Acero, dove le cascate sono molto gettonate. Così in Romagna le foreste Casentinesi, il Cimone nel Modenese e l’Appennino reggiano. Lì, solo nel weekend di Ferragosto, abbiamo eseguito sei interventi di soccorso". Diceva che più che i traumi, sono in aumento i malori tra gli escursionisti... "Dal 2020 sì, sono più le perso ne che si sentono male che quelle che si feriscono scivolando. Per quanto riguarda i traumi, la maggior parte dei feriti hanno un’età compresa tra i 50 e 70 anni. E sono più donne che uomi ni". Siete intervenuti spesso, ultimamente, anche per soccorrere bambini. "Sì, ci siamo trovati di fronte genitori che si avventurano con bambini di 8-9 anni su percorsi che richiedono lunghe camminate, in condizioni non semplici. Anche in questo caso, il problema è non rendersi conto che quella che si va a fare non è una passeggiata al parco. Che i percorsi sono lunghi ore e prevedono andata e ritorno. E che i bambini non reggono simili sforzi. Chi va in montagna deve far propria la cultura della montagna. Che non è fatta di approssimazione".