
Michele de Pascale ieri in aula: sotto (29 febbraio 2018) il sottosegretario Bressa e gli allora governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna (Maroni, Zaia e Bonaccini) firmano l’autonomia differenziata, ora defunta
Bologna, 19 febbraio 2025 – No all’autonomia differenziata. Nel giorno in cui la Regione approva la risoluzione per ritirare la procedura avviata nel 2017, Michele de Pascale interviene anche sul “delicatissimo” tema del fine vita ribadendo quanto dichiarato anche in campagna elettorale: “L’idea che in 20 regioni esistano 20 sistemi diversi per decidere come affrontare questa fase così complessa è inaccettabile”. Per l’ex sindaco di Ravenna “è gravissimo che non ci sia un quadro univoco in tutta Italia” sul suicidio assistito: “Quelli che più si oppongono sono gli stessi che vogliono l’autonomia differenziata. Poi dicono ‘la Regione non si permetta di legiferare su questo’...”. L’Emilia-Romagna aveva adottato una delibera su cui pende un ricorso al Tar, mentre sulla legge della Toscana c’è l’impugnativa della Corte Costituzionale: “Abbiamo due strade diverse per arrivare allo stesso risultato”, chiosa de Pascale, quindi prima di una legge regionale “ha senso vedere questi aspetti di ricorso”.
L’Assemblea stralcia intanto la proposta di autonomia differenziata (uno strumento che “non convince” de Pascale) presentata dall’ex governatore Stefano Bonaccini durante il suo primo mandato, attraverso l’articolo 116 della Costituzione, quando si trovò a un tavolo con Roberto Maroni (allora governatore della Lombardia) e Luca Zaia (presidente del Veneto) a firmare l’accordo. E mentre Fratelli d’Italia apostrofa la scelta di de Pascale come “un’inversione a U” (secondo le parole della capogruppo Marta Evangelisti), il presidente chiarisce: “Non c’è nessuna discontinuità con l’amministrazione di Bonaccini, anche io firmai quel percorso. Questo cambio di linea è un’autocritica: siamo in un mondo libero e a volte si cambia idea rispetto alle proprie posizioni, l’importante è assumersene la responsabilità”.
De Pascale ammette come la pandemia gli abbia aperto gli occhi: “Ho maturato la convinzione che questa strada non fosse corretta durante il Covid, quando Bonaccini con fatica enorme coadiuvava le Regioni che, ogni mattina, si svegliavano e firmavano ordinanze diverse tra loro. Ad esempio sulla possibilità di fare jogging, come se il virus in base ai confini regionali proponesse effetti diversi...”.
Per il governatore l’autonomia differenziata a livello nazionale è “un binario morto”: “Penso, e mi assumo la responsabilità di dirlo, che la premier Giorgia Meloni non darà corso a questa strada”. Veneto e Lombardia “saranno portate a spasso dal Governo”, che per de Pascale “non darà mai al centrosinistra la bandiera del Sud da sventolare”. Servirebbe invece “una riforma del Titolo V”, come più volte sostenuto in campagna elettorale. Un ‘check up’ che sia “bipartisan”, come “ogni riforma costituzionale dovrebbe essere”. Largo, piuttosto, a “un’autonomia amministrativa, che veda come protagonisti i Comuni e le province”.
Il botta e risposta in Aula è servito. Tommaso Fiazza, capogruppo della Lega, e Matteo Rancan, segretario del Carroccio in Emilia, sferzano apostrofando de Pascale come “il Principe Giovanni” di Robin Hood in materia di fiscalità e tagliano corto: “Non è il nostro presidente”. “L’impegno della Lega sull’autonomia non si ferma, si è fermato il Pd”, puntualizzano i leghisti, sottolineando che, se FdI avesse davvero voluto opporsi alla riforma, avrebbe votato a favore dello stop in sede regionale. Pd, Avs, Civici e M5s compatti nel bloccare l’autonomia, insomma, mentre Lega, FdI, Forza Italia e Rete civica hanno visto bocciare dall’Aula la risoluzione in cui si sottolineavano come la Giunta non avesse prodotto atti formali per ritirare il progetto, invitando a procedere sull’autonomia.